Sembra quasi la favola di un bimbo prima coccolato e amato e poi per un tragico destino, quasi una maledizione , abbandonato e rinnegato. Lasciato là, tra tante altre grotte dell’Altopiano del Faedo senza un rilievo , senza una piccola storia da raccontare, senza un ricordo.
E’ così che può iniziare il racconto del Buso del Checheto, localizzato in Val delle Lore a poche decine di metri dal suo fratello maggiore il Buso del Checo e dai suoi fratelli minori il Buso del Tricheco e il Buso del Quadricheco.
Parcheggiata la macchina al passo della Valle delle Lore, si prende per traccia di sentiero fino al Buso del Checo. Continuando alla stessa quota per circa 30 metri in direzione Sud ci si trova sulla sinistra un piccolo affioramento roccioso con alcuni sassi a formare un muretto. L’ingresso molto stretto ricorda la tana di un tasso. Sulla roccia dell’ingresso la placchetta GPS è la numero 3855.
Ci si infila in uno scivolo tra pareti e soffitto di roccia con dimensioni al limite umano e con il pavimento d’argilla ricoperto di foglie secche di faggio . Dopo un primo passaggio stretto il cunicolo si allarga leggermente e dopo circa 6 metri si perviene alla partenza di un pozzo a gradoni per cui è bene non entrare a testa in giù e progredire lentamente.
Con uno spit si arma il corrimano e poi più avanti di circa 2 metri uno spit e un vecchio fix arrugginito permettono di armare in doppio la calata. Scesa la verticale di circa 3 metri si continua per gradoni inclinati mentre l’ambiente si fa sempre più grande con una larghezza di circa 3-4 metri e una altezza di quasi 10 metri. Una corda da 25 metri è sufficiente .
La base del pozzo è inclinata su sfasciumi rocciosi da un lato e sabbia/argilla dall’altro.
Qui l’ambiente è suggestivo con un soffitto di roccia compatta e sembra di trovarsi all’interno di un canyon.
Sceso per alcuni metri il pavimento inclinato, si nota sul fondo la partenza di un cunicolo verticale prima largo e poi che si restringe quel tanto da poter passare. Sul pavimento un muretto a secco indica l’imponenza dello scavo fatto per aprire il passaggio negli anni ’90 quando la grotta è stata scoperta . Sulla destra una grossa clessidra permette di creare un armo naturale e con una corda da 15 metri si può scendere per gradoni arrampicabili restando attenti a non smuovere i sassi che formano gli appoggi per i piedi.
Dopo alcuni metri il cunicolo verticale cambia direzione di 90° e bisogna infilarsi in uno stretto pertugio di fango che in discesa si supera senza problemi, ma che poi in risalita farà tribolare soprattutto con un sacco pesante attaccato all’imbrago. Con un successivo saltino di 3 metri si arriva in una saletta di crollo.
E’ in questa saletta che ci si rende conto della “maledizione” che da anni ruota attorno a questa grotta e che ne ha determinato l’abbandono.
Erano gli anni ’90 e un gruppo di giovani del GSM dopo aver scavato a lungo per allargare il cunicolo era entrato per esplorare la grotta fino al fondo. Terminati i lavori e viste le possibili potenzialità della grotta, nel tardo pomeriggio stavano uscendo e appena che l’ultimo era risalito e aveva disarmato la grotta un forte boato di frana alle loro spalle fece ghiacciare il sangue nelle vene di tutti. Per solo qualche minuto avevano scampato una tragedia e una morte atroce che avrebbe scosso il mondo della speleologia per molto tempo. Da allora nel Checheto con ci era entrato più nessuno. La paura di quella frana , di tutti quei sassi che si erano mossi incuteva una giusta paura e nessuna voglia di ritornarci. E così il Buso ritornava nell’oblio , temuto e abbandonato da tutti.
Nel 2011 M. Iadini e M.Scapin ritornavano fino al fondo constatando la “stabilità precaria” della frana, cioè che era meglio evitare un consistente passaggio di speleologi e che tutto l’ambiente poteva collassare in qualsiasi momento.
Arrivati alla saletta di crollo un pertugio fangoso permette di passare sotto al pavimento di frana.
Con un vecchio fix si posiziona una corda per il corrimano. L’ambiente sembra essere precario , ma con molta attenzione si può procedere senza muovere quello che sta’ attorno. Dopo circa 3 metri ci si affaccia sul pozzo P24. Un grosso masso incastrato con parete liscia sulla destra e con due fix permette di armare la partenza doppia. Si scende di un paio di metri e un singolo fix consente di frazionare. Da qui si può notare la presenza di due grossi massi incastrati ( la pendola di formaggio ndr.) che incombono alla testa del pozzo. Di un colore chiaro e incastrati in maniera perfetta catturano continuamente l’attenzione dello speleologo durante la discesa e la successiva risalita .
Dal frazionamento si scende altri 2 metri fino a raggiungere un frazionamento doppio che permette alla corda di non toccare la roccia.
La roccia erosa dall’acqua crea degli effetti artistici particolari ,con due archi naturali di sicuro interesse fotografico. A circa 3 metri dal fondo una cengia consente di accedere, con una breve arrampicata, ad una finestra sulla parete.
Il fondo del pozzo è una frattura di 10 metri di lunghezza in direzione Est-Ovest. Andando verso Est si incontra un pozzetto di quasi 5 metri che chiude. Andando avanti la larghezza è di circa 2 metri ma la grotta termina con una liscia parete. Proseguendo invece verso Ovest si incontra un’altra possibile prosecuzione che è occlusa da sassi e che necessita di una disostruzione per permettere allo speleologo di passare.
Continuando verso Ovest, la larghezza si stringe fino a circa mezzo metro e dopo 4 metri svolta a destra con un passaggio stretto che non è stato rilevato. Nel Febbraio 2011 M. Iadini si è infilato percorrendo un meandro stretto e non trovando alcuna prosecuzione.
Con l’uscita di martedi 04 Maggio 2021, si è finalmente eseguito il rilievo topografico del Buso del Checheto, che così può entrare ufficialmente tra le grotte dell’Altopiano del Faedo-Casaron da depositare al Catasto Regionale.
La grotta sembra presentare grandi possibilità di prosecuzione visti gli ambienti e la corrente d’aria sempre presente, ma l’ enorme frana che grava costantemente sopra la testa mi suggerisce di sconsigliare frequenti passaggi di speleologi.
Matteo