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Gruppo Speleologi Malo

GSM BABY WEEK-END Cimolais 30/07/2011

Passano i giorni, passano le ore, ma sempre vivo rimane il ricordo del week end trascorso a fine Luglio a Cimolais.
Lo abbiamo chiamato GSM baby week end, perchè doveva essere qualcosa di diverso di un solito fine settimana tra noi del GSM.
Dovevano essere emozioni forti per i nostri piccoli, una notte da passare in tenda in mezzo alle montagne che tanto amiamo, un momento di aggregazione e di gioco, di esperienze nuove e tanta allegria e magari se ci fosse la possibilità un po’ di attività .
Così è stato e ancora di più.
Ci siamo trovati sabato mattina 30 Luglio a Thiene io e Caterina , Sid e Giulia e Alberto ed Erica con rispettivamente Alessandro e Veronica, Gaia e Matteo.
Macchine piene come ovi, con la paura per il tempo sempre incerto, ma con la voglia di andare a Cimolais a piantare le tende.
Al campeggio in Val Cimoliana ci troveremo con , perchè partiti il giorno prima, Lillo e Susanna, Piero e Patrizia e Marco e Chiara con Zoe e Matilde e Simone.
Traffico tranquillo, qualche difficoltà a Feltre con le modifiche alla viabilità tanto che ci perdiamo , ma a Longarone ci ritroviamo tutti per la colazione .
I bimbi sono calmi, quasi non averli, fanno i bravi guardano fuori dal finestrino e si comportano in maniera impeccabile.
Alle 12.30 siamo al campeggio in Val Cimoliana dove piantiamo le tende e lasciamo in libertà i nostri pargoli a correre sui prati e a saltare sui materassini.
Le tende rischiano di crollare sotto l’urto infantile, oscillano, barcollano ma non crollano.
Verso le 14.00 ci incontriamo con gli altri di ritorno da un escursione/ricerca di forra in Valle di Santa Maria e poi tutti a riposare sulle sedie a chiaccherare mentre i nostri bimbi correvano come pazzi di qua e di la.

Giro nel fiume a bagnarsi i piedi e il corpo nell’acqua gelida e poi tutti a raccogliere la legna sul greto per la cena a base di salsicce, cosciette di pollo e costine, polenta, fagioli e peperonata.
E così abbiamo scatenato l’inferno sul barbecue.

Cena speciale, mentre di fuori scendeva qualche goccia di pioggia e poi a raccontarci mille cose mentre il buio scendeva.

A poco a poco i bambini come candeline si spegnevano chiudendo gli occhi e poi tutti a letto cullati dal dolce rumore del fiume.
Il mattino seguente io, Sid e Lillo ci siamo alzati alle 6.00 con destinazione la Val Pezzeda, forra poco frequentata anche se conosciuta nell’ambiente del canyonig in ambiente selvaggio e incontaminato.
Parcheggiata l’auto al ponte Confoz ci siamo inerpicati su per la valle seguendo un sentiero poco battuto e con poce indicazioni. Salendo lungo il sentiero la sensazione di essere fuori dal mondo era sempre più presente, pareti mozzafiato ai lati e questa valle enorme che proseguiva sempre più su.
Dopo circa un’ora abbiamo attraversato il fiume e ci siamo inerpicati sul versante destro idr. della valle, per tracce di sentiero, cenge da brivido sul vuoto e resti di teleferiche impossibili.
In un’altra ora e mezza siamo arrivati alla partenza della valle, un piccolo torrentello senza grandi portate d’acqua. Ci siamo cambiati e con una succesione di calate, la più alta di 30 metri siamo scesi.
La prima calata armata con catena ci ha fatto subito illudere di trovare armi decenti, ma già al secondo salto le cose sono cambiate, unico chiodo, fettucce stravecchie , placchette di lega e via a sistemare e controllare tutti gli attacchi. La forra larga, poca acqua, quasi didattica.
Ad un certo punto, un apporto sulla sinistra con parecchia acqua ci ha fatto capire che la musica sarebbe cambiata e infatti la forra è diventata più stretta con forte portata d’aqua. Tronchi d’albero ostruivano la progressione e le pozze non erano più trasparenti ma di un bianco opaco e insondabili .
Sono così aumentate le difficoltà e l’attenzione è aumentata con certi salti evitati e certe cascate da fare con le antenne ben alte.
Comunque imponente l’ambiente con una larghezza di un metro della forra e pareti di qualche centianaio
Ogni tanto qualche cascata che entrava dalla sinistra idr., pozze profonde e molto acquatica.
In circa quattro ore di progressione siamo arrivati all’incrocio del sentiero e vista l’ora abbiamo deciso di evitare la seconda parte più breve ma che avrebbe sicuramente allungato l’uscita.
Affamati come lupi alle 17.00 circa eravamo al campeggio dove tutti ci aspettavano.
Abbondante merenda a base di caponnata e wurster e poi tutti a comprimere le cose dentro le auto strapiene di tutto e di più. E poi via verso casa.
Da parte mia posso dire che i bimbi si sono divertiti un mondo, l’esperienza è stata di quelle che non si dimenticano. Un week end in campeggio da manuale.
Aver sceso anche la Val Pezzeda è stata la ciliegina su uno splendido week end in compagnia , in un ambiente selvaggio e incontaminato.

bello bello bello!!!

ciao

matteo

UNA ODISSEA ALL’ABISSO DEL CORNO DI CAMPO BIANCO

QUESTA CHE VI RACCONTO E’ LA STORIA VISSUTA DA DUE SPELEOPAPA’ CHE NEL CONTINUO GIOCO DEL TETRIS SONO RIUSCITI A INCASTRARE DUE GIORNI DI ESPLORAZIONE E SPELEOLOGIA ALL’ABISSO DEL CORNO DI CAMPO BIANCO.
NON CI SONO EROI O VICENDE EPICHE COME NEL RACCONTO DI OMERO, MA SOLO AMICIZIA E VOGLIA DI CONOSCERE L’IGNOTO CHE C’E’ LA SOTTO.

Da tempo che lo desideravo, da tempo che si rimandava.
Fatti quattro conti con il calendario, l’unico week-end libero per una uscita al Corno poteva essere solo quello ultimo scorso dal 8 al 10 Luglio e poi fino ad Agosto il Tetris della vita non dava altre possibilità.
Due settimane di ferie dal lavoro, una settimana a rosolarsi sotto il sole della Corsica , perchè non inserirci anche un bel viaggio al centro della Terra alla ricerca dell’Inutile?
Alla proposta risponde Lillo e si decide di partire già giovedi 07/07 sera in due con un obiettivo ambizioso: vivere la grotta con lentezza e magari se c’è la fortuna continuare l’esplorazione.
L’elogio della lentezza perchè davanti a noi abbiamo due giorni pieni disponibili, basta essere fuori per sabato sera a qualsiasi ora. Noi abbiamo di che sopravvivere grazie ai rifornimenti interni giù al bivacco.
Lillo passa a prendermi alle 19.00, ho sistemato bene la casa, messo un po’ d’ordine nel caos del dopo mare, ho avuto il tempo anche di andare in biblioteca a prendere il DVD della Pimpa e di Pippi.
Saluto Caterina e i bimbi e via con destinazione l’Altopiano di Asiago.
Ci fermiamo a Cesuna per una pizza al solito posto e scopro che sabato alle 21.00 a Camporovere suona il gruppo folk irlandese di mia cognata . Decidiamo di festeggiare le sicure nuove scoperte al ritmo delle ballate irlandesi e così fissiamo il termine della spedizione.
Poi ancora su verso la Val Galmarara, la solita valle percorsa oramai un sacco di volte. Siamo gli unici in giro e arrivati alla Malga Galmarara carichiamo in spalla gli zaini con il minimo indispensabile per i nostri obiettivi.
A mano a mano che saliamo i tuoni si fanno sempre più vicini, i bagliori nel cielo ci schiariscono la strada, finchè arrivati all’altezza dell’abbeveratoio sotto il Bivacco inizia un diluvio di acqua e grandine con lampi che scoppiano sopra le nostre teste e ci accecano la vista. Ad ogni scoppio siamo quasi accecati e ci rendiamo conto di essere proprio nel mezzo del temporale. Di corsa entriamo nel Bivacco Tre Fontane e come per magia il temporale si attenua e un po’ alla volta cala la sua furia.
Mentre preparo il the verde, Lillo ritorna sui nostri passi alla ricerca della maglietta dispersa e quando torna ci gustiamo al lume di candela due bicchieri di un caldo the invecchiato di malga.
Tra una chiacchera e l’altra aspettiamo qualche scout in pantaloncini e infradito con la chitarra la collo che però non arriva e così alle 22.00 ci corichiamo a letto ognuno con i propri pensieri e le proprie paure.
Alle 7.30 suona la sveglia e in un batter d’ali di gallo forcello siamo pronti a partire, ognuno con il proprio zaino, tanto la roba la lasciamo nella galleria sotto l’ingresso.
Percorriamo la Highway to Corno con una certa facilità, ci cambiamo, sistemiamo le vesti bagnate ad asciugare nello stendino improvvisato e riempiamo i sacchi fino quasi a farli scoppiare.
Ok siamo pronti.
I pensieri vanno per un attimo a casa, ai bimbi a Caterina, saluto la natura che ho attorno e sciolta la chiave dal discensore mi lascio traportare dalla gravità giù nell’abisso.
Mi sento impacciato, sono mesi che non vado su corda, quasi non ricordo più dove sono i frazionamenti e cerco di ricordare qual’è la tecnica per fare meno fatica.
Alla base del secondo pozzo, mi sento sciolto, le paure sono passate. Mi ricordo ancora come si fa a scendere su corda!.
La progressione è lenta ma costante, Lillo è sempre a vista, nessuno che ci insegue, l’ignoto che ci attrae.
Ogni tanto ci fermiamo a fare quattro chiacchere a prendere fiato, ad asciugarci dal sudore che ci copre.
E poi di nuovo giù. Pozzo, meandro, pozzo ,meandro, una successione infinita e rivedo immagini del passato: la prima uscita per trovare l’ingresso, l’armo dei primi pozzi, quando non trovavamo la strettoia per la Diaclasi bagnata, i luoghi diventano noti e tutto mi sembra famigliare.
Arrivati al pozzo “Xera Ora” rivivo per un attimo i momenti della prima discesa quando la squadra d’armo d’avanti a noi sembrava non fermasi mai e noi dietro a rincorrerli increduli su cosa stavamo scoprendo. I brividi ancora adesso!
Alle 12.00 circa arriviamo al Bivacco nostra casa per questi giorni.
Ci scaldiamo una zuppa Knorr e la condividiamo, un sorso io e uno Lillo, e così per un tempo che pare eterno e la zuppa che acquista sempre più bontà a mano a mano che si concentra.
Quando finisce è ora di partire e rifacciamo gli zaini.
Alla profondità di -750 mi appare una nuova grotta, la grotta che non conosco, dove non sono mai passato, fatta di frana e sassi bianchi , di gallerie enorni e acqua che scorre.
A -800 circa ci fermiamo. e’ qui che dobbiamo trovare la prosecuzione dell’Abisso dove l’acqua si perde in mezzo ai sassi.
Cerchiamo di demolire uno spigolo ma qualcosa va storto perchè senza accorgermene ho trapassato la roccia e faccio cannone. Non fa niente perchè con la mazzetta cerchiamo di liberare un po’ la strada e riusciamo a infilarci. Fatto un metro ci rimettiamo in piedi e vediamo l’acqua perdersi nel nero di una profonda diaclasi.
Spostiamo un sasso e lo facciamo precipitare giù nel nero più nero, un nero che la pila non riesce ad illuminarne il fondo. Saranno 50 metri a sentire i sassi , ma non vediamo.

E’ larga 50 cm per circa 5 metri, provo a scendere sperando di non bagnarmi.
Dopo circa una decina di metri mi sento tutto bagnato, provo a spostarmi piantando un fix, ma è troppo stretta, scendo ancora per altri 5-10 metri sperando in uno slargo, ma la cascata si frantuma su una cengia e mi inzuppo completamente. Tutto bagnato fradigio, penso a cosa posso fare, valuto anche di buttarmi giù come un caccia …e poi? Cosa risolvo? Mi sembra di osare troppo e così torno su. Anche Lillo prova a calarsi un po’ nella diaclasi, ma l’acqua è troppa.
Ci convinciamo che sarà per quest’inverno e che di li la grotta prosegue.
Torniamo fuori e mi sento ghiacciare dentro e fuori. Lascio Lillo a rilevare e io mi inginocchio tutto infreddolito. Mangio qualcosa per scaldarmi , del latte condensato un po’ di cioccolato ma l’unica soluzione è muoversi.
Lasciata tutta l’attrezzatura ci incamminiamo lungo la galleria,scendiamo quasi venti metri e percorriamo tutto il meandro fino a sbucare sul pozzo da 50 m che attualmente è il fondo della grotta a -848 metri .
Sentiamo tanta aria e una volta risaliti sulla galleria sommitale del meandro altra aria sembra spingerci giù al fondo. Ci pare impossibile, ma da qualche parte quest’aria dovrà pur andare.
Oramai è tardi e ogni volta che ci fermiamo sento il freddo dentro e ho voglia di scaldarmi. Non riuscirei a continuare l’esplorazione. Sono solo le 18.00, si potrebbe continuare , la corda è poco distante, ma ho freddo. Lillo capisce e piano piano torniamo indietro.
La strada non è così banale, siamo in mezzo a una frana ciclopica e ogni tanto pare di sbagliare la strada e verso le 21.00 arriviamo al bivacco. Mi cambio in tutta fretta e ci scaldiamo una zuppa Knorr con mezzo chilo di tortellini scaduti, giù carne simmenthal e tonno e sardine, finchè con la pancia piena alle 22.30 ci addormentiamo dentro i caldi sacchia a pelo.
E ‘ una notte strana, sento i piedi freddi, ogni tanto un brivido mi scuote, faccio dei sogni strani, mi giro rigiro, sento Lillo che russa e sento che si muove. Poi sogno e mi rigiro finchè vedo la luce della tikka che si accende, “che ore sono?” . Le 7.30 di sabato. Ma come può essere? Abbiamo dormito tutto questo tempo?
Un litro di cappuccino liofilizzato da condividere in due e poi a sparecchiare il bivacco per la lunga risalita.
Alle 9.30 partiamo per la superficie, abbiamo tre sacchi e siamo in due. Il freddo alle ossa è sparito, siamo riposati, lucidi. Parto per primo con i due sacchi e tribolo a portarmi fuori dalla strettoia del Corno de Beco. Ci aspettiamo pozzo dopo pozzo, passa mano dei sacchi e lungo il fossile che porta al Xera ora parliamo dei film anni ’70, della Fenech, di Claudia Cardinale e Laura Antonelli.
Discorsi filosofici sull’erotismo e la pornografia e si parla del film Gola Profonda.
E così batteziamo la diaclasi che ci ha fermato Diaclasi Gola Profonda e via su per le corde.
Arriviamo alla tirolese del Xera ora alle 12.00 circa e ci fermiamo a sistemarla un po’ rivedendo nodi e inseguendo buline alla ricerca della perfezione estetica e pratica.
Perdiamo un po’ di tempo e ci fermiamo a pranzare con la solita scatola di tonno e il latte condensato.
Ora davanti a noi abbiamo la parte più dura fatta di meandri e saltini infini.
Il mio sacco un po’ la volta comincia a pesare sempre di più, per qualche fenomeno strano della natura la massa aumenta, cerco per un po’ di portare anche il secondo sacco , ma mi è impossibile.
Chiedo a Lillo:<< Ti dispiace portare il sacco?>> .
Lillo risponde :<< Nessun problema lo porto io>>
Penso e non lo dico ma sicuramente si capisce:<< Grazie Lillo non riuscirei ad uscire altrimenti>>.
Via sempre più su e la fatica muscolare si fa sentire.
Lillo è davanti con due sacchi e faccio fatica a stargli dietro, ma la mente è fresca e riposata e la progressione va bene.
Sistemiamo l’armo del Pozzo degli occhiali e poi su.
Sono sempre più stanco e il sacco pesa 50-100-1000 kg.
Arriviamo alla base della diaclasi bagnata e mi “ciuccio” un po’ di latte condensato per l’ultimo sforzo.
Tribolo con un sacco e penso a Lillo che ne ha due.
Gli chiedo :<< Come fai a non incastrarti?>>
Risposta : << A forza di bestemmie vengono su anche loro>>.
Ok ho capito!
Alla base del primo pozzo si vede la luce che filtra dall’ingresso e ci ritornano le forze.
Intoniamo quattro canzoni di montagna a scuarcia gola , come per farci sentire. La felicità è alle stelle e la stanchezza non c’è più, sparita, lasciata giù dietro di noi nell’abisso.
L’ingresso è illuminato dal sole, le pareti sono come incandescenti, lo spettacolo è unico e me lo gusto pedalata dopo pedalata.
Alle 17.15 circa siamo fuori, il sole ci scalda, ci stringiamo la mano e un grazie per tutto quello che abbiamo vissuto e condiviso in queste 32 ore di grotta.
Dal bivacco Tre fontane sentiamo un grido, rispondiamo e alla grotta troviamo il segno dell’amicizia.
Scritto su un sasso con dei paletti di legno la firma dello zio.
Siamo felici ancora di più e Alberto ci viene incontro lungo la Highway to Corno.
<< La mangiate un pastasciutta? Alessandra ha portato su il ragù di carne >>
Non so cosa rispondere.
E’ tutto fantastico.

matteo

DEMENZA E SPELEOLOGIA AL BUSO DELLA RANA

Intervista esclusiva di Alfonso Gutierrez de Imenez ai due speleologi veneti che hanno partecipato alla esplorazione intergruppi in zona Peep della Frog Cave o Buso della Rana in Italia l’8 maggio 2011.

De Imenez: Prima di parlare della esplorazione vorrei un breve profilo delle vostre persone.
Niccolò: buon giorno, Scusi ma sono un po’ emozionato, non sono abituato a questi clamori. Mi chiamo Niccolò …Niccolò Copernico e sono nato in Polonia nel 1473 , a Torun precisamente. Ho cominciato la speleologia nel lontano 1495 frequentando un corso di introduzione a Cracovia e poi per problemi di lavoro mi sono trasferito in Italia a Malo nel 1500. Li ho conosciuto il GSM e da allora frequento le grotte locali in particolare il Buso della Rana.
Claudio: Buon giorno. Io essendo il più anziano dei due non ho alcun problema di emozione. Mi chiamo Claudio….Claudio Tolomeo e sono nato nel II° secolo dopo Cristo in un paesino della Grecia che non ricordo neanche il nome da quanto tempo è passato. Ho cominciato a fare speleologia nelle grotte del Peloponneso e poi all’età di 22 anni mi sono trasferito in Italia dove ho continuato la mia attività speleologica e di ricerca.
De Imenez: di cosa in particolare vi occupate voi due?
Niccolò: io sono un astronomo ma per passione mi occupo di circolazione di aria e acqua nel sottosuolo. Sto approfondendo anche certi aspetti della gravità applicata ai sassi.
Claudio: anch’io sono un astronomo e come il mio amico Niccolò mi occupo come passatempo della fisica dei fluidi in particolare applicata al mondo sotterraneo. Sono uno scienziato
De Imenez: siete anche esploratori?
Niccolò: questa è una branca della speleologia che non fa per me.
Claudio: io una volta ho trovato una nuova grotta, ma una volta dentro ho scoperto essere la tana di un tasso e ho visto bene di segare il palo.
De Imenez: adesso che ci avete parlato di voi, raccontateci della esplorazione intergruppi di domenica. Cominci tu Claudio?
Claudio: Va bene. La nostra squadra era composta oltre che dal sottoscritto anche da Niccolò, da tre speleologi kazhachi e 2 sudafricani. Dovevamo dividerci in due gruppi, io e Niccolò seguire la parte di ricerca e gli altri 5 continuare lo scavo e l’esplorazione in zona Peep.
Niccolò: si a parte che i due sudafricani li abbiamo persi al Camerone dei massi e poi non abbiamo saputo più nulla, siamo entrati alle 9.00 al Buso della Rana e subito abbiamo notato al sifone della pella di serpente nell’acqua. Noi ci abbiamo vista per la scienza!
De Imenez: di serpente? Siete sicuri?
Claudio: credo che Niccolò abbia ragione era la pelle di un serpente. Forse di una anaconda
Niccolò: non l’abbiamo però trovata!
De Imenez: Andiamo avanti.
Niccolò: abbiamo proseguito incrociando le altre squadre che uscivano e ci parlavano in varie lingue e dialetti di grandi esplorazioni . Si respirava una atmosfera nuova, mai provata prima in grotta.
Claudio: siamo arrivati in zona Peep e li abbiamo cominciato i lavori. Siccome i tre kazachi non avevano dimestichezza con il trapano della Hilti abbiamo iniziato noi gli scavi anche se non siamo esploratori.
Niccolò: ho cominciato io a scavare e subito mi sono preso un macigno sul muso. Tanto che stavo per mandare all’aria tutta l’esplorazione.
De Imenez: si ma spiegateci meglio.
Claudio: be’’ dovete sapere che li siamo al limite della speleologia classica. Lo scavo avviene dal basso verso l’alto in condizioni veramente critiche di lavoro. Non vorrei essere esagerato, ma lo scavo in Peep è un grande salto in avanti per l’esplorazione mondiale in grotta. Si è aperto un nuovo modo di pensare la speleologia in genere.
De Imenez: Ma parliamo di limite umano ?
Niccolò: Si ha detto bene. Li si dovrebbe anche lavorare con gli occhiali antinfortunistici.
De Imenez: li avevate?
Claudio: no. Ce li siamo dimenticati a casa.
Niccolò: quando è toccato il turno di Claudio a scavare, è risalito per alcuni metri e poi si è incastrato con il ginocchio all’altezza dell’anca e l’anca bloccata su uno spigolo di roccia.
De Imenez: come ha fatto ad uscirne vivo?
Claudio: ho chiesto l’aiuto al mio amico Niccolò che mi ha messo la sua scapola a disposizione e alla fine ci siamo tirati fuori. Gliel’ho un po’ contusa ma per un amico……
De Imenez: ha avuto paura?
Claudio: per un attimo ho visto la morte in faccia . Credevo di rimanere per sempre li, ma poi l’idea di bloccare l’esplorazione della Peep a causa di un cadavere incastrato su per un camino mi ha dato l’energia per tirarmi fuori da li.
De Imenez: e cosa avete fatto poi?
Niccolò: abbiamo fatto un foro a quel naso di roccia e lo abbiamo ridotto un mucchietto di sabbia. Cazzo! Ho la scapola distrutta.
De Imenez : e le vostre ricerche?
Niccolò: mentre scavavano i kazhachi io e Claudio abbiamo fatto delle ricerche molto interessanti.
Claudio: sono state decise al momento dagli organizzatori dell’evento ed erano fino all’ultimo top segret.
De Imenez: siamo curiosi di conoscerle.
Niccolò: io ho fatto degli studi sulla somministrazione di nicotina come anestetizzante.
Claudio: io ho proseguito dei vecchi studi sull’utilizzo come alimento della carne di maiale in ambienti ipogei.
De Imenez: avete degli scoop da rivelarci?
Niccolò e Claudio: per ora tutto top segret.
De Imenez: alla fine siete passati aldilà della frana?
Niccolò: era oramai da parecchio che eravamo dentro e dovevano darci il cambio con gli austriaci e australiani…..quando …..
Caludio: te l’avevo detto di portare via gli occhiali! Porca miseria!
De Imenez: una tragedia?
Niccolò: per colpa di un pezzo di fango che è caduto. Sempre Isacco Newton di mezzo!
De Imenez: mi spieghi meglio.
Claudio: niente da spiegare! Si è preso una “slorda “ di fango in te l’occhio e tutta la spedizione è andata a farsi benedire.
De Imenez: volete dire che una “slorda” di fango ha mandato all’aria l’intera esplorazione intergruppi?
Niccolò: proprio così! Avevo l’occhio pieno di fango, le mani sporche di fango, tutto intorno era fango e Claudio continuava a mettermi le dita sporche di fango nell’occhio.
Claudio: cercavo di aiutarti!
Niccolò: ho provato a sperimentare l’utilizzo della nicotina come anestetizzante e lacrimante, ma la ricerca è ancora agli inizi e non abbiamo fatto nulla. La situazione era grave.
De Imenez: come è andata a finire?

Claudio: Per fortuna i kazachi ci hanno aiutato , e poi gli austriaci e australiani. Ma dobbiamo ringraziare tutti gli speleologi presenti che si sono prodigati in questo intervento di soccorso. La macchina organizzativa è stata all’altezza della situazione e anche nell’emergenza ha funzionato bene.
De Imenez: e quindi tutto si è concluso con del fango nell’occhio.
Niccolò: proprio così, ma stiamo già organizzando una prossima spedizione di esplorazione .Non possiamo mollare adesso che siamo vicini a by-passare la frana della Peep.
Claudio: se mi è permesso volevo aggiungere una cosa. Quello che è stato iniziato domenica è qualcosa di unico per la speleologia mondiale. Stiamo parlando di rivoluzione nel campo della esplorazione e della ricerca in grotta, intendo dire un nuovo modo di fare la speleologia , una nuova mentalità. Per farle un esempio lo scavo dal basso verso l’alto, non ha precedenti nella storia della speleologia, stiamo parlando di condizioni di lavoro al limite dell’umana sopportazione. Per non parlare delle ricerche e delle conferme che ne sono uscite fuori. Qui parliamo di una nuova dimensione nell’affrontare il mondo ipogeo.
De Imenez: avete delle anticipazioni?
Niccolò: credo di aver provato l’esistenza di una congiunzione tra Complesso della Poscola e Buso della Rana proprio in zona Peep.
Claudio: Niccolò e io ne siamo certi.
De Imenez : con queste ultime parole possiamo concludere l’intervista. Carne al fuoco ne abbiamo per la speleologia vicentina e mondiale. Grazie Niccolò e grazie Claudio , buone esplorazioni in grotta . E la prossima volta attenti alle “ slorde”!
Niccolò e Claudio ( allunisono) : ma vaffanculo!