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Bruna, non tanto alta, un po’ schiva,….. ma attraente

Tutte le volte che di ritorno dall’Androne Terminale del Buso della Rana  passavo per quella sala senza nome prima della Sala della Vigna, mi son sempre chiesto che ci facesse quella finestra la’ di dimensioni accettabili, non tanto alta, di una bellezza modesta, semplice,  di colore bruno, quasi schiva, ma attraente.

il manoscritto ritrovato

Un’attrazione a prima vista, come un colpo di fulmine si potrebbe dire.
E magari con qualcuno ne avevo anche parlato, ma a bassa voce :<< Visto quella ? Bella no?>>.
E ogni volta che ci passavo sotto la guardavo, la studiavo e mi dicevo :<< Vorrei tanto conoscerla>>.
E poi :<<Ma tanto è sempre là, ma tanto la conoscono tutti! Chissà!>>.
Poi per un po’ non si passa più, poi si crede di fare come quelli veri, poi si fa come quelli veri, poi
si ritorna piccoli e si vorrebbe fare ancora come quelli veri.
Finchè un bel giorno, mentre con Paolo si mette mano a tutta la documentazione di Iko sul Buso della Rana per fare la mostra per il 40° del Cai Malo, ecco to che salta fuori un foglio di “carta di formaggio”, un manoscritto dei fantomatici anni ’70 con una fantomatica “Finestra dei Genovesi”.
<<E che roba è questa?>> .
Appare uno pseudo rilievo fatto in velocità, un punto di domanda e la partenza dal caposaldo 45 del vecchio rilievo di Gastone Trevisiol e altri.
Ecco to la  finestra dei miei sogni ed è ora che mi faccio coraggio per conoscerla.
Ai primi di Dicembre 2012 , ci troviamo io e Lillo e cogliamo  l’occasione di provare il mini trapanino  da portare in  Gola Profonda al Corno.
Risaliamo di 8 metri, su vecchi spit finchè arriviamo alla Finestra dei Genovesi.
<<Piacere! Ci piacerebbe fare come quelli veri, possiamo?>>.
Ma una lama proprio in mezzo ci impedisce di proseguire in tranquillità  senza forzare il fisico.
Il primo incontro non va troppo bene. Forse siamo stati troppo gentili, troppo educati, forse
dovremmo dare di più , forzare la mano,…. osare.

bassa, bruna , ma attraente.

Passano le settimane , la testa va giù verso Gola Profonda, il nostro fisico la segue, superiamo il nostro limite e della Finestra dei Genovesi ce ne dimentichiamo.
Andiamo su  per scendere giù, un altro mondo, altra testa, altri luoghi, altri sogni da inseguire, altri momenti indelebili.
Passano poi le feste, vediamo la Befana venire giù e ritorna in mente quella bruna finestra.
Così martedi 8 gennaio  ci ritroviamo in tanti per osare.
Siamo io, Alberto, Marcellino, Lisa, Alessio , Lillo, Massimo .

Lei è sempre li, immobile, ti guarda e non dice niente.

E allora noi forziamo la mano, ci allunghiamo forse troppo, ma è quel minimo che  serve per conoscerla .
E di la’ come diceva il vecchio manoscritto  di Iko una stretta strettoia e poi una curva con punto di domanda. Nulla insomma!
Osa fallire diceva quell’altro. E noi abbiamo osato, abbiamo fallito ma ne valeva la pena.
Quella  sera il Buso della Rana ha allungato ancora, qualcosina, forse poco, ma va bene lo stesso così.
Forse non gli eravamo tanto simpatici!

ciao

matteo

el buxo ….

Un dì mi chiama l’amico Marco dicendomi che andando per funghi ha trovato un buchino nel bosco …. tempo una settimana mi porta …. ullala, non è di quelli micro che trovo io, questo è un bel buco di un metro di diametro. Così armati della famosa “camera da pesca” la infiliamo dentro. Le immagini che giungono mostrano un pozzetto di 3/4m di profondità, bello eroso, con tutte le “forme” morbide, un vero buco carsico 🙂
La cosa però finisce li almeno fino a sabato scorso quando, armato di una insana curiosità, decido di volerci entrare. Trovare qualcuno che venga con me, però, non è una cosa semplice: Marco non può; la mia dolce metà declina “a malincuore” l’invito…..l’unico che si offre volentieri è Pedro, vive con noi da quasi 5 mesi …. ma è un cane e pure di taglia piccola! Ok, altro giro di telefonate e alla fine trovo chi viene: alle 14 al bar, caffè, amaro e si parte!
In circa 10 min di cammino sul sentiero raggiungiamo l’ingresso. Fatto un po’ di pulizia attorno al buco, decido di armare in ogni caso una corda, non si sa mai che dopo questo primo salto non ci sia un bel p30! Qualche minuto e i primi sassi riemergono dall’abisso e dopo di loro il fango … molto fango …. quello schifido dei berici che ti si attacca come mastice….al termine del pozzetto, sulla destra di chi entra, in basso…molto in basso vedo nero…provo a gettare un sasso …. ton … to ton ton to splach (si si proprio splach per che si sente che c’è del fango dall’altra parte …. splach) un altro e un’altro ancora….si prosegue, solo per qualche metro però, sembra quasi che il sasso rotoli, come ci fosse un conoide di fango …. da sopra mi giungono segnali di sofferenza …. io mi sto divertendo ma sopra non sanno come farsela passare!!! Decido di uscire.
Mi faccio prendere dall’emozione e decido che è meglio festeggiare…già mi gongolo per il nome….una nuova cavità 🙂
A casa però, non appena ritorna la calma mentale, inizio a ragionarci un po’….sfoglio il libro dei berici, incrocio con i dati del catasto in mio possesso, lavoro su google earth e inizio proiettare riferimenti e punti…e …..
Il responso è impietoso, c’è proprio una “grotta” con quelle caratteristiche (pozzo [doppio] di circa 3 m; il conoide di fango e la sala col fondo piatto; all’incirca alla stessa altitudine) che tuttavia in linea d’aria sta a circa 400m di distanza.
Un po’ deluso penso che l’unico modo per esserne sicuro è quello di entrare in quella sala, con un paio d’ore di scavo tutti i dubbi dovrebbero essere sciolti….e poi…se è nuova meglio, altrimenti, per me!, è nuova lo stesso!

Quelli veri fanno così? – Abisso del Corno 10/11/2012

Sabato notte, mezzanotte e mezzo o giù di li.
Mi faccio una doccia calda che dura una vita e poi lentamente senza far rumore depongo il mio scheletro a letto.
Tutto tace e fuori piove e una voce dal profondo del sonno mi chiede: <<Tornato sano e salvo?”
Non so cosa rispondere, sono spiazzato , le mie cellule cerebrali sono già bruciate da un pezzo.
Mi esce solo un “Si, si..tutto bene ….notte”.
La notte passa girandomi e rigirandomi, dolori esterni, interni , pschici e onirici.

Foto 1 - La galleria sulla Highway to Corno

Foto 1 – La galleria sulla Highway to Corno

Ogni tanto mi sveglio nel sonno e mi pare di essere ancora la sotto, dentro la montagna
a fare come quelli Veri, ma non è vero perchè sto dormendo? Ma sono veri i dolori che sento?
E allora mi riaddormento e penso alla giornata trascorsa e mi tornano in mente tutti gli istanti,
tante diapositive mescolate.
ore 7.30 mi trovo con Lillo al solito cimitero di Caltrano. Il tempo è particolarmente grigio, ma
non piove e sembra che tenga.
Carichiamo tutto in macchina e saliamo il costo di Asiago e il tempo peggiora.
Gocce di pioggia, di una pioggerellina finissima, di quelle invernali, di quelle che durano
tutta la giornata.
Saliamo ancora su per la Val Galmarara e su ancora finchè la neve non ci impedice di andare oltre.
Continua la pioggerellina e caricati gli zaini in spalla saliamo su per la Highway to Corno, senza tante speranze.
Il tempo è sempre sopra di noi, non si muove da li, grigio e cupo, tetro e carico di acqua.
Sono le 10.00 quando armiamo il discensore e la corda comincia a scorrere.

Giù sempre più giù.
La grotta non è particolarmente bagnata e questo ci rincuora.
La strada la conosciamo bene, tutto fila liscio come l’olio e a mezzogiorno arriviamo al bivacco di -500.
Anzi ci arriverà solo Lillo perchè due pozzi sopra la mia puleggia mi fa vedere la vite di acciaio e mi fermo
a vedere il meandro sulla finestra del pozzo Persego Seco.
Ritorniamo indietro e proseguiamo per il Ramo Morgana esplorato qualche anno fa con gli amici bresciani e poi non più rivisto.

Foto 2 - Lungo il Ramo Morgana.

Foto 2 – Lungo il Ramo Morgana.

Foto 3 - Il traverso del Ramo Morgana.

Foto 3 – Il traverso del Ramo Morgana.

Foto 4 - Il traverso del Ramo Morgana.

Foto 4 – Il traverso del Ramo Morgana.

Subito notiamo una grande finestra che nera pupilla ci guarda e ci attira, ma oggi non siamo così Veri e allora proseguiamo.
Su e giù per un meandro spettacolare proseguiamo fino alla fine chiedendoci e richiedendoci come può non proseguire una meraviglia del genere.
Tiriamo fuori la trouse da rilievo e cominciamo a battere i punti tornando indietro e quando arriviamo ai sacchi ne contiamo ben 39 di caposaldi.
Sono oramai le 18.00 della sera e soddisfatti del lavoro fatto ci prendiamo in mano gli attrezzi e cominciamo la risalita.
Ripuliamo la grotta dal carburo abbandonato nelle “vesighe”, simboli di un tempo che oramai se ne è andato e che dubitiamo a breve possa ritornare .
Parliamo in americano.
“Hi What is your name?” ” My name is Bill. Bill Stone”. E via con mille altre cacate che ci vengono fuori.
Tutto fila liscio, tutto vero.
Alle 22.00 di sabato notte siamo fuori dall’Abisso del Corno.e sotto una forte nevicata scendiamo verso le nostre case.
Non so se quelli Veri fanno così, ma è stato tutto vero.

ciao

Matteo