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Abisso del Corno: -800 e và alla grande!

Troviamo il buco dopo un’ora e quaranta grazie alla bandiera dei pirati che sventola dal ramo di un pino mugo mezzo coperto. Scaviamo per trovare la corda sepolta e la radice per l’armo.

Prima “C”nel discensore, uno sguardo a Sid e Paolo che tornano a valle stasera e si va!
Come arriviamo alla Diaclasi i dubbi e le incertezze scompaiono completamente: è abbastanza asciutta! Bene!
Comincia così la lenta discesa fino al punto da rilevare: sopra il P60 dopo il meandro Grande Bee.
Rileviamo tutti e tre: misuratore laser, bussola, clinometro, blocchetto e matita.
Pozzo da 58, pozzo da 50 e siamo al pozzone. Risulterà essere circa 75 mt ma con il salone alla base veramente imponente: circa 50×20!
Rileviamo anche la diaclasi attiva che si diparte sul fondo da un lato: è profonda circa 35 mt.

Arrivati al limite esplorativo dell’ultima punta notiamo l’angusta finestrella che sul pozzo bagnato: sarà circa 20 mt con un forte stillicidio, diciamo “slavato”. Riusciamo ad attraversare in libera sulla destra. Dopo un paio di mt di discesa asciutta, entriamo in una zona fossile che ci permette di andare alla base del pozzo. Scende ancora un paio di metri ma stringe ed è molto bagnato. Rovistiamo un po’ qua e la nel fossile in mezzo alla frana ma non si vede nessun passaggio evidente.
Probabilmente questa via finisce qui.

Decidiamo di giocare anche l’ultima carta: proviamo a scendere anche gli ultimi metri del pozzo che stringono. Vado io.
Doccia fredda. Passaggio stretto bagnato e sono sotto la frana sul piano di scorrimento.
La grotta continua angusta ed attiva. Un altro crollo chiude il passaggio: tento inutilmente di spostare i grossi massi che occludono il passaggio, ma alla fine desisto. Anche perchè sono solo ed il posto fa veramente schifo! Va beh stavolta è proprio chiusa. Decido di rientrare.
Ma ecco, come per magia, che in alto sulla sx un buchetto nero mezzo chiuso da un sassone lascia sperare qualcosa. Spingo fuori il masso. L’adrenalina parte a mille: la grotta allarga!
Parte una corsa per ambienti sempre più larghi con l’attivo che si abbassa sempre più sotto i piedi.

Arrivo sul bordo di un salto di circa 15-20 mt che da su salone. Non ho corde. Torno indietro, scendo in mezzo ai massi fino a ritrovare l’attivo ed arrivo alla base della sala: fantastico vedo che continua! Proseguo ancora e trovo un altro ambiente con un gran camino nero in alto: l’acqua va verso il basso in posti larghi ma io decido di girare intorno alle pareti e trovo un passaggio basso. Incredulo comincio a correre in una galleria fossile con aria contro. In certi tratti è larga tre alta cinque: stavolta abbiamo veramente trovato l’abisso. Torno indietro dai compagni lasciando davanti a me altri trenta metri che continuano in basso fino ad uno slargo.
Torneremo

Raggiunti Matteo e lo Zio, increduli, gli racconto cosa ho visto: è la gioia.
The caldo e lentamente si riparte per la salita, sono le 22.
Sosta di un’ora e mezza per “pisolare” al bivacco di meno cinquecento e ancora su.
Alle 11 di lunedì siamo fuori.

P.S. Un Grazie a Franco Valmorbida, Ivan e Frigo che domenica sono venuti su a trovarci con gli sci ma non ci hanno trovato.

Lillo

Figherà – Fondo del Corchia

Sabato mattina suona la sveglia alle 2.50. Alle cinque devo essere a Brescia dove mi aspettano Frizzi e Sparapani per raggiungere gli altri che sono già in Toscana. Faremo la traversata Figherà-Fondo-Corchia. Sarà forse perche sono andato a dormire all’una, dopo la cena con i compagni di classe che non vedevo da 15anni, ma non mi sento proprio in forma. Comunque si va.
Viaggio non proprio in business class visto che la punto di Frizzi, già malconcia di suo, ha anche il sedile anteriore cedevole da un lato e ti costringe a stare quasi su un fianco per non scivolare in braccio al guidatore. Neanche sul sedile posteriore va meglio: troppe cose stipate in poco spazio per trovare una posizione sufficientemente comoda per rilassare lo scheletro.

La Balussina

Alle 8.30 siamo al Vallechiara in quel di Levigliani dove “mamma” Piera ci accoglie tutti come se ci conoscesse da una vita: ci si sente proprio come a casa.
In tutti siamo quattordici: io, il Nanni di Genova, Daniele Geuna di Pinerolo e undici bresciani.

Gli amici lombardi sono meno chiassosi del solito. Dopo i racconti, capisco che forse sono un po’ provati dai bagordi della notte passata sotto la tettoia. Sento raccontare anche di prodezze atletiche aizzate dal vino e di gare a cronometro usando una carriola a mo’ di bob giù per le scalette del Vallechiara…I resti del bivacco

Si parte in direzione del passo Croce. Tra una cosa e l’altra e un’oretta di marcia tra i marmi bianchi arroventati dal sole arriviamo in cima al Corchia. A mezzogiorno il primo entra dalla Buca del Cacciatore in Figherà. Lentamente, tra un passaggio e l’altro, scorrono attorno a noi posti già visti, ma sempre affascinanti tanto sono carichi di vicende speleologiche: le frane iniziali, i primi pozzi, le Ludrie, il nodo dell’OM, il campo, le gallerie inclinate e la sala del Meinz.

Attacco del Meinz

Nel fondo della sala c’è ancora il rottame del “ragno” da risalita usato per arrampicare a Spit la parete finale e raggiungere la finestra che in breve porta al pozzo dei Titani.
Ormai dal Figherà siamo entrati in Corchia.
Traverso, pozzetto, galleria, calata da 35 nel vuoto e siamo nel megasalone di Nostradamus.
Vari passaggi in frana, pozzetti e siamo alle imponenti gallerie di Valinor dove c’è ancora la tenda rossa di Steinberg. Sosta di rito per mangiare e un buon the caldo.
Poi via: ancora galleria, pozzetti, risalite, alcuni angusti passaggi, il pozzo con l’attivo che arriva da destra, la discesa da venti sul pozzo da sessanta fino a pendolare dentro ad una finestra.
Meandro, due corde in salita, calata e siamo al salone dei Manaresi. Altra sosta.
Lasciamo alla nostra destra il Pozzachione che arriva dalla via d’Eolo e scendiamo per gli Scivoli, il Pozzo delle Lame e siamo al Portello.
Un po’ di galleria, calata da dodici e siamo alle passerelle turistiche che da qualche anno si sono impossessate della Galleria delle Stalattiti. Metri di sentiero d’alluminio e acciaio inox e arriviamo alla passerella che cavalca lo scivolo cha da sul pozzo del Gronda.
La squadra fondo si riduce notevolmente: restiamo io, Frizzi, Katia, Valerio e Stefano, fresco allievo dell’ultimo corso di speleologia.
All’una e quaranta di notte salutiamo il resto del gruppo che guadagna l’uscita dal Serpente.
Giù. Gronda, pozzo Elle, saltini vari attivi. Arriviamo alla marmitta (di cui non ricordo il nome) che segna il limite dei -1000. Avanti per i passaggi per la parte più stretta fino ad arrivare al fiume Vidal: a destra il sifone da cui arriva l’acqua e a sinistra il fiume che va verso il fondo.

Il fiume Vidal

Risalita da dodici e siamo in zona Saloni Fossili.
Il gruppo si riduce ancora: Katia, Valerio e Stefano sono stanchi e si fermano a dormire.
Restiamo solo io ed il Frizzi. Con un po’ di dispiacere per gli amici che non se la sentono di continuare, alle quattro meno cinque partiamo per il fondo.
“Scegliamo” la via attiva senza passare per i saloni. Tra salti d’acqua, corridoi allagati, sale, in breve siamo sopra il tenebroso Lago Marika che con la sua forma doppio lobo sembra possa inghiottire tutto l’abisso. Ancora corde, la Grande Cascata, qualche dissarampicata un po’ azzardata vista la mancanza di corde e la stanchezza che toglie un poca di lucidità e siamo al
fondo. Meno millecentottantasette metri dall’ingresso. Siamo alla frana di marmo che beve tutto il fiume.
E’ un posto carico di storia.

I “fondisti”: Lillo e Frizzi

Numerose le scritte: quelle dei primi esploratori che arrivarono qua nel 1960, vari gruppi italiani e stranieri che si sono avventurati fino a qui. Tra le tante una su tutte balza all’occhio: G.S.M. Malo (anno 78 se la memoria non mi tradisce). Chissà chi erano questi nostri pionieri?
Pausa per riprendere le forze, foto di rito e via di corsa verso gli altri.
Alle sette siamo da loro che dormono beatamente. Pisolino di un’ora anche per noi, poi ci ricarichiamo e i schizza velocemente verso l’uscita disarmando i pozzi. Alle passerelle incontriamo anche i turisti con la guida che ci guardano incuriositi: chissà se hanno pensato che fossimo delle comparse a pagamento stile centurioni del Colosseo.
Alle tredici siamo fuori.

Il Nat-ticino

Tutto ad un tratto la stanchezza sparisce per lasciare posto alla carica che ti lascia una gita in grotta come questa: ce la siamo proprio goduta!
In men che non si dica siamo a Levigliani dove gli altri ci aspettano con “le gambe soto la tola”
Per mangiare e bere insieme.
Finita.
“Lillo” (Stefano Panizzon)

Filippine – Samar 2009 – il rientro

ci sono ancora in giro, non sono sparito… Sono tornato il 28 ed il 29 ero già al lavoro. Purtroppo però, giovedì scorso non sono potuto passare in sede perchè oramai sono a casa da una settimana con la febbre: broncopolmonite. Forse  un regalo dell’aria condizionata dell’aereo.
Per il resto tutto bene. Ho visto che molti di voi hanno seguito le vicende della spedizione sul sito GGB, perciò siete informati dei fatti. Per tutti in ogni modo non mancherò di raccontarvi fatti ed aneddoti di questo meraviglioso viaggio: Samar 2009.
Un mese volato via in fretta quasi più simile alla frenesia occidentale che ai ritmi scanditi dal “Filippino Time”. Tra una vorace punta esplorativa, una forzata uscita di rilievo ed un massacrante trasferimento se ne sono volati via trenta giorni che resteranno per sempre incisi nella mia memoria.
Come spedizione abbiamo ottenuto comunque  importanti risultati.
Dal punto di vista ‘sportivo’, abbiamo difeso bene la media degli altri anni, con 14 km di nuove grotte esplorate e con oltre 6 km in un unico sistema nell’ultima settimana di permanenza. Molto più importanti però, sono stati i risultati dal punto di vista speleologico, visto che sono stati aggiunti altri importanti tasselli a quel complicato puzzle che è l’idrografia ipogea di questa parte dell’isola. I nostri risultati sono stati apprezzati anche dalle autorità locali, visto che il sindaco di Calbiga ( comprensorio di circa 20.000 abitanti ) ha voluto incontrarci, ed
avere informazioni e foto delle grotte esplorate, in previsione díeventuali sfruttamenti idrici e turistici vista la precaria economia della zona.
Personalmente, sono partito per esplorare i ‘fiumi sotto la foresta’, ho visto posti e grotte bellissime ma forse più di tutto, meraviglioso è stato il viaggio in quel complesso sistema che è fatto di persone conosciute, realtà viste, situazioni condivise, momenti, sensazioni, gioie, paure,
sguardi profondi, frasi, pacche sulle spalle e tanti sorrisi che solo l’abisso umano ti sa regalare!
Un grazie particolare a tutti quelli che hanno scritto (anche un solo sms), a quelli che hanno seguito le varie avventure e a tutti quelli che mi hanno sostenuto.
Lillo