Il primo aprile ci siamo fatti lo scherzetto di andare a riprendere una famosa grotta sorgente toscana: la Tana che urla.
Il suo nome deriva proprio dal rombo che il torrente ipogeo fa all’interno di questa grotta.
L’ingresso, dopo l’ampio portale, è caratterizzato da un basso cunicolo che durante le piene sifona molto facilmente. Da evitare quindi nei periodi di piogge abbondanti.
Eravamo solo in due, ma dotati di ben 6 fari che, con calma e precisione, abbiamo posizionato in più punti, nascosti all’obbiettivo della videocamera, riuscendo ad illuminare bene le non grandi gallerie della grotta e dando il maggior risalto possibile alle rapide del torrente.
Nelle nostre grotte del nord-est è raro trovare tanta acqua così; per questo ce la siamo goduta un mondo belli al caldo nelle nostre belle mute da 5 mm!
La grotta, lunga circa 400m, termina su sifone dopo circa 200m. Molto bello e concrezionato il ramo laterale dove sparisce il rombo dell’acqua e ci si rilassa al solo rumore dello stillicidio.
Sandro e Simona
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Ieri abbiamo fatto un giretto nell’Abisso di Lamar, vicino Trento.
L’itinerario prettamente verticale ci ha portato giù di circa -270m fino alla base del Pozzo Niagara dove abbiamo potuto vedere l’incredibile risorgenza di un torrente da una fessura d’interstrato della roccia.
Chissà, forse perchè il giorno dopo era S. Valentino, ma a questa che doveva essere una gita sociale del GSM, hanno curiosamente partecipato solo 3 coppie:
San e Simo, Pierga e Laura, Alberto “Drago” e Angela
Baci e Abbracci!
Queste le poche riprese video effettuate durante la nostra uscita fotografica del 16 Nov 2009.
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La calata avviene partendo da un balcone roccioso ci si cala nel vuoto per una cinquantina di metri a cielo aperto. Da metà pozzo in poi le pareti sono bagnate da un arrivo d’acqua e dall’abbondante stillicidio; visto dal fondo, è veramente suggestivo.
Dopo un paio di frazionamenti (placchette fisse), si giunge alla cengia intermedia; sotto di noi l’enorme salone è illuminato dalla luce esterna solo nella parte più vicina al pozzo d’ingresso, mentre tutto il resto è avvolto nel nero più assoluto.
L’ultima calata, tutta nel vuoto, parte da una catena fissa. Durante la risalita di questo tratto, si può notare come tutta le cengia poggi alla fine su un piccolo masso posto sotto una sequenza di blocchi a piramide inversa.
La zona di atterraggio è costellata da una grande quantità di resti vegetali e numerose carcasse di animali (alcune relativamente fresche, altre maledettamente puzzolenti) precipitati o buttati dentro l’abisso. Riconoscibili camosci, cani e bovini. Molta attenzione anche a materiale bellico, fra cui una bomba integra di mortaio evidenziata da nastro bianco/rosso e circondata da sassi disposti circolarmente.
Sandro Sedran