Archivi categoria: Monte di Malo

Rana – scavi in Zona Peep

PAOLO
C’era una volta… anzi c’è.
Giro di boa alla frana in zona Peep.
Ebbene si dopo vent’anni di lavori forzati nella frana, di sassi in equilibrio precario pronti a rotolarti addosso con mira da cecchino , fango e vento umido che entra nelle ossa , si inizia a vedere un qualcosa. Certo è un qualcosa di indefinito.. difficile da interpretare.. un caos di pietre cadute da chissà dove, accatastate con metodica pazienza, mescolate con il fango squaccherone. Se non fosse per il forte vento che si infila nel mezzo, se non fosse per il canto delle sirene di pietra che qualcuno asserisce di aver sentito rotolare la dietro, neanche il più sadico dei sadici si sarebbe imbarcato in opera di tale autolesionismo.
Ma ora tutto stà cambiando!!
C ‘è una volta… e non è una favola ne un miraggio dovuto alla stanchezza.
Si tratta solo di mettere in sicurezza un paio di metri verticali di frana… alle spalle abbiamo la parete, sopra ritorna orizzontale a formare un tetto sicuro e pare lasciare quel mezzo metro d’aria sopra la frana… un comodo passaggio prima che la volta scompaio nel buio del salone.
L’aria è notevolmente aumentata quando è stato stoppato il diaframma che dà su questi 2 metri verticali e lo squaccherone ha lasciato il posto ad una fine sabbia asciutta.. un vero lusso.
Persino tirare la culla riempita di sassi per il lungo e stretto meandro, fino a dove si accatasta il materiale asportato, sembra più leggera.. come se il peso specifico delle pietre si fosse notevolmente ridotto.
Sembra tutto diventato più facile..la frana ci stà chiamando..e non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire!!
..una volta.. che sia la volta buona??
Paolo

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SAN
Sabato un nutrito e variegato gruppo di spelei del GSM è partito per andare a scavare nella frana in zona peep in rana.
Eravamo:
squadra “venessia”: San, Simona, Damiano, Donato
squadra “old star”: Iko, Beppe, Alberto, Tano
e poi Paolo, Sid, Alessio.
I più in forma hanno staccato gli altri da Sala Pasa e sono andati avanti ad iniziare i lavori.
Iko, Alberto, Alessio, Donato hanno raggiunto la zona scavo dopo quasi un’ora, dopo essersi passati tutte le gallerie della zona peep prima di trovare quella giusta, mentre noi dicevamo “tanto Alessio ed Iko sanno sicuramente la strada”.
Tano, invece, è andato DISPERSO dopo che si è partito da solo prima degli ultimi in Sala Snoopy. Di lui non si è saputo più nulla neanche dopo che siamo usciti. Ma è tornato a casa? Qualcuno sa qualcosa? ;-))
Beh, insomma, abbiamo svuotato il crollo lasciato dall’ultima volta ed abbiamo attaccato la frana sul lato destro, molto più promettente di quello diritto avanti a noi (l’aria sale di lì).
Purtroppo il fango non è finito, anzi, è aumentato!! Ad un certo punto è iniziato a scendere un rivoletto liquido che ha fatto tremare le chiappette a chi si trovava sotto!
Si lavora scavando verso l’alto, con tutti i pericoli di essere investiti dal materiale che crolla. Si tira una botta con il palo e poi giù subito dietro la nicchia a ripararsi. Brrr…. che adrenalina, fiòi !!
Dopo aver tolto blocchi medio piccoli misti a sassetti, siamo riusciti a far crollare un bel macigno che fungeva da ultimo tappo prima di un risalita libera da frana stimata in 2-3 metri. A mio parere, dopo aver rimosso questo tappo, l’aria è aumentata.
Non ci siamo fidati a risalire perchè la situazione è ancora troppo instabile. Salita verticale larga al max 2m con alle spalle roccia viva, di fronte paltanaccio misto sassi con incastrato un macigno bello grosso che potrebbe cadere da un momento all’altro tirandosi dietro chissà quanta roba.
Al culmine della salita si vede ancora galleria, ma una rientranza non ci consente di vedere oltre se continua libera oppure c’è ancora frana.
Il lavoro da fare adesso è quello di continuare a scavare alla base della salita in modo da creare una sacca su cui dovranno fermarsi i sassi che cadono, evitando di farli rotolare fino alla “nicchia di salvataggio” e travolgere lo scavatore. Far cadere quindi il macigno e poi salire a vedere quale sorte ci attende!
Avanti i prossimi !!!
Ciao
San

SPELEO-GERIATRI in Pisatela

11 luglio 2009

Era da un pezzo che Ico e Cesare ventilavano l’idea di portare qualche vecchio speleologo alla grotta della Pissatela in Faedo; ogni volta che si fissava una data succedeva qualcosa che annullava l’appuntamento: una nevicata eccezionale, gli acciacchi di qualchespeleo-geriatra insostituibile, le piogge copiose; per dire qualche motivo di rinvio.
Si decise allora di fissare una data e rispettarla assolutamente, secondo la vecchia filastrocca che dice: “chi xe dentro xe dentro, chi xe fora xe fora”. Nel frattempo il GGS aveva “trovato” un ingresso alto della Pissy ed allora Cesare pensò bene di organizzare una traversata, secondo la logica che è meglio fare una strada una sola volta anziché andata e ritorno. Ma alle volte la logica non si deve applicare alla speleologia…vedremo poi perché.
L’appuntamento fu così fissato per Sabato 11 Luglio 2009. Risposero all’appello: Cesare Raumer, Federico Lanaro, Beppe Nassi, Renato Dani, Armando Stefani, Fabio Sartori, Alberto Rossi, Claudio Barbato, Enrico Gleria. I nove speleo-geriatri si ritrovarono a Monte di Malo al bar per un ultimo caffè. Sotto un cielo terso dopo l’ennesima pioggia del giorno prima ci trasferimmo in Val delle Lore per lasciare qualche auto, quindi a Contrà Cima al Faedo. Lenti preparativi, foto di rito al Capitello e via all’ingresso alto con il pozzo “pater noster” di cinquanta metri. Dieci minuti di buon cammino e siamo sul posto, dove un terrazzo di sassi ci fa capire la mole del lavoro compiuta dal GGS per l’apertura artificiale del “Pater Noster”. Ci vestiamo, dai sacconi escono vecchi imbraghi, maniglie Jumar, addirittura un discensore Diablo con tanto di maniglia-frenante. Fabio si stende a terra per riuscire a chiudere il ventrale su un imbrago di “trenta chili fa”. Cominciamo a scendere che sono passate le 11 del mattino. Beppe si ferma alla partenza della verticale per controllare la discesa di qualche geriatra particolarmente “arrugginito”, ma tutto fila liscio a parte il sacco di Claudio che sceglie di scendere il pozzo da solo in caduta libera, ma senza danni particolari. Iniziamo a percorrere il meandro Megal Gale che si rivela ben presto pittosto stretto e bagnato. Sono duecento metri pittosto “tecnici” dato che i passaggi sono: o a terra dove scorre allegro il torrentello ingrossato dalle recenti piogge, o in alto sull’allargamento di sezione, con notevole sforzo per non cadere ed incastrarsi. E’ una progressione faticosa anche per speleologi in verde età, figurarsi per le nove cariatidi che si cimentano nell’impresa. Comunque sia arriviamo finalmente alla Sala Monte Faedo. Un’occhiata all’orologio: le due passate. Faccio presente a Cesare che è ora di fermarsi e mangiare qualcosa. Enrico è un po’ indietro con Claudio che fa da “servizio scopa”. Enrico scivola e cade sulla mano protesa, sente un crak, si rialza e sviene sorretto da Claudio che era subito dietro. La situazione sembra grave.
Siamo ben dentro la grotta ed abbiamo un ferito. Già si pensa a mandare qualcuno a chiedere l’intervento del Soccorso. Intanto facciamo sedere Enrico e cominciamo a somministrargli un buon tè caldo e cibi ricchi di zuccheri. Sembra reagire bene. Claudio gli mette una fascia elastica che portava sulla mano per una frattura ad un dito. Cominciamo lentamente ad uscire. Sulla cascata Enrico se la cava egregiamente con l’aiuto di Ico e Cesare. Quando cominciamo a pensare che il peggio è passato Armando, messo un piede in fallo, scivola e cade battendo violentemente una natica su uno spuntone. E’ doloroso ma non c’è niente di rotto, anche lui dovrà stringere i denti e andare. Ad un certo punto Beppe raccoglie da terra un ciottolo e lo osserva incuriosito. Io gli chiedo cos’è e lui me lo passa e va via. Io vedo che è di colore bianco e nero, sembra strano e lo intasco, poi vedrò fuori come sarà. Arrivati allo Stargate decidiamo per la via dell’acqua, più breve anche se bagnata, piuttosto che il lungo aggiramento con pozzi e camini da percorrere in corda. E’ la scelta giusta visto che siamo già bagnati ed Enrico sarebbe sicuramente più in difficoltà sulle corde. Siamo così alla Sala dell’Orda. Breve sosta per tirare il fiato e rimettere gli attrezzi da progressione. Enrico è provato e sopporta il dolore con stoicismo. Fin qui è andato benissimo, non ci ha praticamente mai rallentato significativamente. Ora ci restano solo i pozzi da
superare, la parte che temiamo di più perché Enrico deve per forza arrangiarsi da solo in corda, noi lo agevoleremo in tutto, il più possibile. Partiamo, Cesare per primo, poi Enrico, noi teniamo la corda tesa da sotto. Enrico è, ancora una volta bravissimo. Solite chiacchere alla base dei pozzi, la speleologia non è cambiata da vent’anni fa. L’innovazione più significativa è data dall’illuminazione a led. Chi ce l’aveva ha illuminato anche i “carburati” che hanno tribolato assai con impianti datati come i relativi proprietari. Alle 18 e 45 è fuori anche l’ultimo speleo.
Dalle 6 ore previste ne abbiamo fatte 7 e mezza, ma per motivi più che giustificati. Siamo tutti stanchi e provati ma siamo contenti per l’impresa compiuta: la prima traversata ufficiale intergruppo della Pissatela, compiuta da nove speleologi la cui sommatoria di età arriva a sfiorare i 500 anni. Non male davvero.
Accompagno Enrico a casa dove Carla lo attende per portarlo poi al pronto soccorso da cui uscirà solo a notte inoltrata. Gli riscontreranno la frattura del polso e lo ingesseranno il giorno dopo. Lo strano “sasso” raccolto da Beppe e portato fuori da Ico risulterà essere un grosso molare di erbivoro. Paolo Boscato che vedrà la foto del reperto, dice che potrebbe trattarsi di un “megacero”, una specie di gigantesco cervo alto 2,5 metri e con palchi di 3 metri.
“Tutto è bene quel che finisce bene” recita un vecchio adagio: la nostra avventura in pissatela è quindi andata, tutto sommato, bene, anche se, col senno di poi, per un rientro in grotta dopo tanto tempo per alcuni, la semplice discesa e visita del Ramo Giacobbi e Sala delle Mogli sarebbe stata più realistica. Ma così è andata, e, nel bene e nel male, siamo felicissimi di aver compiuta la prima traversata ufficiale intergruppo di questa fantastica grotta, ulteriore sviluppo di quel grande, esteso, bellissimo”vuoto sotterraneo” altrimenti chiamato: BUSO DELLA RANA.
Federico Lanaro

Rana, la corda rossa – 3° episodio: la beffa!

11 luglio 2009
Sabato mattina io, Sid e Albertino ci siamo ritrovati di fronte all’antro del Buso della Rana verso le 7.30 con l’obiettivo di porre fine al mistero della Corda Rossa.
Dopo aver superato con difficoltà il disagio psicologico di essere l’unico dei tre ad entrare con il carburo, sembra strano ma il cevello comincia a farsi alcune domande del tipo: son rimasto indrio, che rottura de bale far carburo e anca l’acqua, spetè natimo che il piezo nol va, son l’unico mona che toca far fadiga a portarse sto peso, e se finise el carburo, devo ricordarme de far acqua se non faso bruta figura, me sa che prima o dopo me toca spendere i schei per l’impianto del Sig. Mastrello eccc…
Come dicevo dopo aver supero ‘ste turbe psicologiche siamo entrati e verso le 9.00 eravamo sotto il Camino della Corda Rossa.
Ci siamo saziati un pochettino e abbiamo tirato fuori il materiale cominciando a prepararci.
Dopo aver superato il dilemma se usare la punta della Bosch o quella dell’Hilti abbiamo tirato fuori dal sacco una mezza corda rossa dinamica e qui al momento di fare i nodi di assicurazione altri psicodrammi sono venuti fuori.
E se non finiamo la risalita la corda rossa penzolerà ancora?
Ma perchè abbiamo portato via la corda rossa non era meglio quella blu.
Sai che figura se il camino continua e lasciamo su la corda?
Con un bel sospiro di speranza siamo partiti e arrivati al punto raggiunto la volta scorsa ci aspettavano altri 10 metri per arrivare ad una zona nera promettente.
Mentre il pozzo sgocciolava dal soffitto non poca acqua un po’ alla volta abbiamo superato
i 10 metri mancanti e fatto l’ultimo foro , inserito il tassello, messo il moschettone , e poi le scalette e poi passata la corda rossa nel moschettone una volta issatici su cosa abbiamo trovato?
Una nicchia nella roccia o se vogliamo chiamarla rientranza oppure piccola cencia oppure si potrebbe condirla con frasi un po’ più colorite ma lasciamo perdere.
Comunque oltre sto posto che ha infranto le speranze il camino prosegue per altri 5 metri
chiudendo inesorabilemnte, mentre l’acqua sgocciola dal soffitto.
L’esplorazione del Camino della Corda Rossa si è concluso definitivamente così su una misera nicchia sabato 11 luglio 2009 con un totale di circa 30 metri di camino.
Con un pizzico di delusione alle 14.00 circa i tre “Conquistatori dell’inutile” erano fuori, ma
appena usciti alla luce del sole nuove avventure gli attendevano e nuove speranze di esplorazione si aprivano ai loro occhi.
ciao
matteo