Archivi categoria: Gruppo Grotte Brescia “Corrado Allegretti”

Samar 2011

Calbiga – Samar – Martedi 12/04/2011 ore 8.55

Il viaggio e andato bene. Sono arrivato a Calbiga sabato pomeriggio dopo essere partito giovedi sera da Milano. Qui siamo siamo sei ore avanti.
Domenica prima uscita in grotta. Una squadra e andata a tentare l’immersione nel sifone a valle di Langun e l’altra nel sifone a valle di Plaspass che in teoria dovrebbe entrare in Langun a monte.
C’e ancora troppa acqua e non abbiamo fatto niente. Lo stesso giorno io e Tristan abbiamo anche sceso un pozzo nuovo di circa 70 mt che pero chiude.
Il morale del gruppo e un po giu perche continua a piovere. Oggi ci dividremo: Gigi, Mark e Matteo andranno a tentare alcune risorgenze mentre con gli altri andremo tre quattro giorni in foresta per cercare la grande grotta esplorata in parte da Joni la nostra guida. Speriamo di che le condizioni ci permettano di entrare.
Finalmente sono riuscito anch’io a vedere Langun. E una grotta incredibile, penso alcuni di voi avranno visto le foto. Vederla dal vivo e meravigliosa: e esageratamente grandissima!!! Posso solo immaginare l’emozione di Guido e company quando l’anno scoperta ed esplorata nel 1987!!
In foresta avremo il tel satellitare percio manderemo aggiornamneti a Matteo che poi li spedira sito che penso starete seguendo.
Ci sentiamo presto.
Saluti a tutto il GSM.
Lillo

Abisso del Corno – I giorni della merla

Nei giorni della Merla, come da programma siamo andati all’Abisso del Corno di Campobianco.
Ritrovo 16.30 di venerdì pomeriggio a Caltrano, siamo io e Sid, Simone Valmorbida del Gruppo Grotte Schio e Matteo Rivadossi del Gruppo Grotte Brescia.
Partenza per l’Altipiano con sosta al bar dalla “mora” a Cesuna, dove non ci fermavamo da qualche tempo… E come nella nota canzone di Paoli, eravamo come quattro amici al bar che tra un panino, una birra ed un caffè si parlava di prospettive esplorative e dettagli sul da farsi.
In auto arriviamo fino al tornante di Basasenocio. Da lì, grazie alla neve abbastanza dura in due ore siamo al bivacco Tre Fontane sotto ad un fitto nevischio.
 
Il bivacco Tre Fontane
Stufa, legna, parabola a gas e così cerchiamo di rendere un po’ più mite il rifugio visto che risulta più freddo del solito: c’è il ghiaccio che fa luccicare i muri della stanza di sopra ed anche i vetri da dentro. (….)
Consumiamo una buona e fumante pastasciutta, birra gelata, caffé bollente, the caldo ed una lussuriosa Anima Nera. Fuori sembra deciso a non smettere di nevicare nonostante le nuvole sembrino “alte”. Infatti la luna riesce rischiarare lo stesso la notte bianca di questo meraviglioso posto disperso a due passi da casa.
Poi tutti a nanna, e speriamo che domani sia blu!
Sveglia alle sette. Ha smesso di nevicare, calma apparente, poi raffiche ghiacciate, nuvole veloci, ma lo sfondo è proprio blu! Bene!
Prepariamo armi e bagagli e prendiamo in direzione dell’Abisso calpestando i quasi dieci centimetri di neve polverosa caduta.
La marcia è più veloce del previsto: infatti riusciamo a “tagliare” in diagonale in direzione della bandiera dei pirati che sventola vicino all’ingresso.
 
Terra in vista
 L’isola del tesoro
Il tesoro
Troviamo anche una galleria militare proprio sotto al buso. Risulterà utilissima all’uscita per aspettarci riparati dal vento.
 Alle 10.45 schizziamo velocemente alla base del pozzo d’entrata per riscaldarci un po’ e “recuperare” un paio di piedi congelati nella gomma, conati di vomito e dita delle mani “indiavolate”.
Le condizioni in grotta sono perfette. Sotto alla diaclasi facciamo già una pausa per mangiare qualcosa: la colazione forse non è stata poi così abbondante.
Inizia la lenta discesa. La solita routine: pozzo, meandro, strettoia, pozzo, disarrampicata, meandro… Ma ecco. Ad un certo punto che a scuotere il nostro rituale e annoiato cammino arriva l’aria violenta che troviamo nel basso passaggio che porta al meandro Grande Bee di menocinquecento. Oggi è più cattiva del solito ed inoltre sembra sicuramente un paio di gradi più bassa del resto della grotta: in questa zona che va da sopra il bivacco a sopra il p58 ci sarà sicuramente qualche sorpresa da scoprire. Qualcuno la chiama anche aria da Canin.
P58, p50, p78 e arriviamo al fondo della Sala delle Bambine di menosettecento. Caffettino caldo. Recuperiamo tutto il materiale e ci avventuriamo giù per la diaclasi che romba (in verità meno del solito, però mi piace ricordare la voce che aveva la prima volta che l’abbiamo scesa).
Sfioriamo quasi l’incidente causa un sacco di venti chili che fionda giù beccando di striscio Sid in faccia e facendomi cagare addosso visto che sono venti metri sotto… Questa volta la  “burba” quarantenne cha va a pisciare e si dimentica di passare l’asola del portasacco nell’imbrago deve proprio pagare un pozzo di birra!
Comunque tutto è bene quel che finisce bene.
Riusciamo a trovare un passaggio in frana e passiamo sotto senza bagnarci.
Percorriamo tra alti e bassi, tutta la galleria esplorata nella scorsa punta ed arriviamo in testa al magnifico pozzo che hanno trovato in nostri predecessori. 
Fine galleria
 
Partenza del pozzo finale
C’è parecchia aria. Scivolo, china detritica, verticale da ventotto e siamo alla base: spettacolare! Base quasi rettangolare da 45×25 e alta 42 nel punto più basso.
Imbastiamo un risalita un po’ instabile di circa 25 metri nel tentativo di raggiungere una finestra che risulterà invece una rientranza con massi di crollo. Peccato!
Guardiamo un po’ in giro, anche se trovare una via in mezzo a tutto sto caos non è così facile. Torniamo indietro recuperando il materiale, rilevando e guardando tutto quello che ci sembra interessante: lo sprofondamento lungo la discesa al salone e la galleria che prosegue dall’altra parta della partenza del pozzo. Niente.
Lungo la galleria guardiamo vari sprofondamenti ed un cunicolo in alto a sx. Niente.
Il fondo
Traverso sul salone
Risalendo cascata a -800
Arrivati nella sala dove si perde l’attivo guardiamo anche nel bagnato: ecco, spostati due sassi e strisciando con la pancia nel duro umido che dopo circa cinque metri compare l’ennesima diaclasi che inghiotte tutto il rio sotto la frana. E’ abbastanza stretta ma probabilmente percorribile spostando qualche masso: si vedono circa venti metri, ma buttando il sasso lo si sente scendere col suo ingannevole sbattere a dx e a sx per forse 40-50 metri! Bene. Lasciamo sul posto del materiale per la prossima volta e portiamo il resto a menosettecento rilevando tutto. Panino, pisolino, caffettino…
Scarburando
Meditando il buio
Ore 4.00 inizia la risalita.
Con furtive pause e veloci spuntini siamo fuori che è quasi mezzogiorno di domenica.
Cazzo che freddo. Appena metti il naso fuori dai due metri di neve sciolta dall’alito caldo la tuta ed il resto degli aggeggi appesi addosso, diventa un blocco unico: con movimenti da goffi burattini fangosi scendiamo alla galleria militare. Nella notte è sceso ancora un bel po’ di neve. Comunque il cielo è sereno.

Cominciamo lentamente la discesa per il pendio non più sicuro come il giorno prima.
Ed ecco come per magia, vediamo da lontano quattro sagome che gridano e sbracciano nel venirci incontro. Sono il Capo, Il Costa, Matteo e Zio Zeb che sono venuti su a trovarci. Gioia e curiosità nei loro occhi. Tanta felicità nei nostri….Che bello essere di nuovo tutti dentro al Trefontane.
Fiumi di parole, risate, pesanti sbadigli, battute, racconti, cazzate e la solita goliardica amicizia che nasce nel semplice comune interesse per la grotta: anche questa è speleologia!
Prosecco per i veneti, Franciacorta per il lombardo ma per tutti un buon rosso: cabernet Bosco del Merlo!
Mai vino fu più azzeccato per festeggiare questo meraviglioso wek-end nei giorni più freddi dell’anno.
A breve vi darò i dati esatti con la profondità raggiunta che è rimasta invariata. 
Lillo
Il ritorno

Figherà – Fondo del Corchia

Sabato mattina suona la sveglia alle 2.50. Alle cinque devo essere a Brescia dove mi aspettano Frizzi e Sparapani per raggiungere gli altri che sono già in Toscana. Faremo la traversata Figherà-Fondo-Corchia. Sarà forse perche sono andato a dormire all’una, dopo la cena con i compagni di classe che non vedevo da 15anni, ma non mi sento proprio in forma. Comunque si va.
Viaggio non proprio in business class visto che la punto di Frizzi, già malconcia di suo, ha anche il sedile anteriore cedevole da un lato e ti costringe a stare quasi su un fianco per non scivolare in braccio al guidatore. Neanche sul sedile posteriore va meglio: troppe cose stipate in poco spazio per trovare una posizione sufficientemente comoda per rilassare lo scheletro.

La Balussina

Alle 8.30 siamo al Vallechiara in quel di Levigliani dove “mamma” Piera ci accoglie tutti come se ci conoscesse da una vita: ci si sente proprio come a casa.
In tutti siamo quattordici: io, il Nanni di Genova, Daniele Geuna di Pinerolo e undici bresciani.

Gli amici lombardi sono meno chiassosi del solito. Dopo i racconti, capisco che forse sono un po’ provati dai bagordi della notte passata sotto la tettoia. Sento raccontare anche di prodezze atletiche aizzate dal vino e di gare a cronometro usando una carriola a mo’ di bob giù per le scalette del Vallechiara…I resti del bivacco

Si parte in direzione del passo Croce. Tra una cosa e l’altra e un’oretta di marcia tra i marmi bianchi arroventati dal sole arriviamo in cima al Corchia. A mezzogiorno il primo entra dalla Buca del Cacciatore in Figherà. Lentamente, tra un passaggio e l’altro, scorrono attorno a noi posti già visti, ma sempre affascinanti tanto sono carichi di vicende speleologiche: le frane iniziali, i primi pozzi, le Ludrie, il nodo dell’OM, il campo, le gallerie inclinate e la sala del Meinz.

Attacco del Meinz

Nel fondo della sala c’è ancora il rottame del “ragno” da risalita usato per arrampicare a Spit la parete finale e raggiungere la finestra che in breve porta al pozzo dei Titani.
Ormai dal Figherà siamo entrati in Corchia.
Traverso, pozzetto, galleria, calata da 35 nel vuoto e siamo nel megasalone di Nostradamus.
Vari passaggi in frana, pozzetti e siamo alle imponenti gallerie di Valinor dove c’è ancora la tenda rossa di Steinberg. Sosta di rito per mangiare e un buon the caldo.
Poi via: ancora galleria, pozzetti, risalite, alcuni angusti passaggi, il pozzo con l’attivo che arriva da destra, la discesa da venti sul pozzo da sessanta fino a pendolare dentro ad una finestra.
Meandro, due corde in salita, calata e siamo al salone dei Manaresi. Altra sosta.
Lasciamo alla nostra destra il Pozzachione che arriva dalla via d’Eolo e scendiamo per gli Scivoli, il Pozzo delle Lame e siamo al Portello.
Un po’ di galleria, calata da dodici e siamo alle passerelle turistiche che da qualche anno si sono impossessate della Galleria delle Stalattiti. Metri di sentiero d’alluminio e acciaio inox e arriviamo alla passerella che cavalca lo scivolo cha da sul pozzo del Gronda.
La squadra fondo si riduce notevolmente: restiamo io, Frizzi, Katia, Valerio e Stefano, fresco allievo dell’ultimo corso di speleologia.
All’una e quaranta di notte salutiamo il resto del gruppo che guadagna l’uscita dal Serpente.
Giù. Gronda, pozzo Elle, saltini vari attivi. Arriviamo alla marmitta (di cui non ricordo il nome) che segna il limite dei -1000. Avanti per i passaggi per la parte più stretta fino ad arrivare al fiume Vidal: a destra il sifone da cui arriva l’acqua e a sinistra il fiume che va verso il fondo.

Il fiume Vidal

Risalita da dodici e siamo in zona Saloni Fossili.
Il gruppo si riduce ancora: Katia, Valerio e Stefano sono stanchi e si fermano a dormire.
Restiamo solo io ed il Frizzi. Con un po’ di dispiacere per gli amici che non se la sentono di continuare, alle quattro meno cinque partiamo per il fondo.
“Scegliamo” la via attiva senza passare per i saloni. Tra salti d’acqua, corridoi allagati, sale, in breve siamo sopra il tenebroso Lago Marika che con la sua forma doppio lobo sembra possa inghiottire tutto l’abisso. Ancora corde, la Grande Cascata, qualche dissarampicata un po’ azzardata vista la mancanza di corde e la stanchezza che toglie un poca di lucidità e siamo al
fondo. Meno millecentottantasette metri dall’ingresso. Siamo alla frana di marmo che beve tutto il fiume.
E’ un posto carico di storia.

I “fondisti”: Lillo e Frizzi

Numerose le scritte: quelle dei primi esploratori che arrivarono qua nel 1960, vari gruppi italiani e stranieri che si sono avventurati fino a qui. Tra le tante una su tutte balza all’occhio: G.S.M. Malo (anno 78 se la memoria non mi tradisce). Chissà chi erano questi nostri pionieri?
Pausa per riprendere le forze, foto di rito e via di corsa verso gli altri.
Alle sette siamo da loro che dormono beatamente. Pisolino di un’ora anche per noi, poi ci ricarichiamo e i schizza velocemente verso l’uscita disarmando i pozzi. Alle passerelle incontriamo anche i turisti con la guida che ci guardano incuriositi: chissà se hanno pensato che fossimo delle comparse a pagamento stile centurioni del Colosseo.
Alle tredici siamo fuori.

Il Nat-ticino

Tutto ad un tratto la stanchezza sparisce per lasciare posto alla carica che ti lascia una gita in grotta come questa: ce la siamo proprio goduta!
In men che non si dica siamo a Levigliani dove gli altri ci aspettano con “le gambe soto la tola”
Per mangiare e bere insieme.
Finita.
“Lillo” (Stefano Panizzon)