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Due giorni in Bianco – Punta del 29-30 Dicembre 2011 all’Abisso del Corno di Campobianco

Giovedì scorso come da programma siamo andati al Corno. Alla fine siamo rimasti solo in due, io e Matteo, visto che Paolo doveva lavorare e Sid non è potuto venire per cause “a posteriori”.
Ritrovo alle otto al solito posto e poi via verso una classica colazione all’italiana a base di cappuccino e brioches a Canove, in quello che oramai è diventato il bar ufficiale pre grotta. Purtroppo dopo anni di frequentazione abbiamo chiuso con la pasticceria Panda da quando l’ultima volta ci hanno rifilato due cappuccini che sembravano sciacquatura di biberon.
Sosta ai “ Sapori dell’Altipiano” per panini con sopressa all’alio, snacks, pile di ricambio e poi via alla volta di Val Galmarara.
Sullo sterrato niente neve. Un anno fa, gli stessi giorni, avevo dovuto parcheggiare appena iniziata la strada bianca. Montiamo le catene sulla gloriosa Peugeot di Matteo, che ha da poco festeggiato i trecentomila chilometri, appena dopo l’ultimo tornante dove inizia il tratto ripido perché c’è una lastra di ghiaccio.
Riusciamo ad arrivare fino a malga Galmararetta: cento metri più avanti la neve è troppo alta per proseguire.
Zaini in spalla, come al solito non troppo leggeri, ed in un’oretta siamo al bivacco Tre Fontane dove dobbiamo prendere delle corde ed il fornelletto da portare al bivacco di meno cinquecento. Dentro al rifugio troviamo tre ragazzi di Valstagna, di cui uno che fa parte del Gruppo Grotte. Hanno passato lì la notte dopo avere fatto un’escursione il giorno prima. Sono equipaggiati con ogni ben di Dio: salsicce, costine e altre prelibatezze e soprattutto una buna scorta di rosso… Sono le undici e trenta. C’è mancato veramente poco che mandassimo a monte tutta la punta dopo il caldo invito dei ragazzi a fermarci per dividere con loro la carne che già si trovava a buon punto di cottura sulle “bronse”, nel fumoso caminetto. L’odore era veramente allettante, ma con un grande atto di rinuncia, abbiamo ceduto solo ad un buon bicchiere di vino.
Poi via alla volta della galleria militare poco distante dall’ingresso della grotta. Anche qui a quota millenovesessanta poca neve: non servono neanche le ghette.
Approntiamo due bei sacconi forse un po’ troppo ciccioni per i meandri del Corno… Dentro c’è tutto il necessario per andare a vedere l diaclasi bagnata di meno setteottanta: mute, piumino, trapano, corde, viveri e qualche caramella per addolcire eventuali stretti passaggi.
Alle tredici e trenta siamo sul P44 d’ingresso che comincia a nevicare. La grotta si presenta asciutta come tre settimane fa.
Iniziano i passaggi stretti e capisco subito che questo maledetto sacco balena mi farà tribolare non poco: va beh, oramai siamo in gioco.
Tranquillamente, con il passo disteso di due grottisti a tempo perso, ultimamente votati più che alla speleologia, all’arbitraggio di partite di Zapping Estremo tra Boing, Frisbee e Cartoonito sul divano di casa, arriviamo al bivacco di meno cinquecento dopo circa tre ore.
Veloce the caldo e poi giù fino a meno setteottanta dove inizia Gola Profonda. Chissà se la mitica Linda Lovelace avrebbe mai pensato che le sue memorabili perfomance nel famoso film del 1972, fossero state ricordate così a lungo ed anche durante la prima discesa di questa spaccatura che con abissale voracità ingoia tutto il rivolo d’acqua.
L’obiettivo della punta è quello di scendere fino a dove sono scesi l’ultima volta Mighel, Pierga e Fernando, e vedere se si può proseguire allargando ed eventualmente rilevare.
Prima di scendere però andiamo a verificare un punto domanda che si trova appena inizia il meandro del fondo dove una parte sembra retrocedere verso la sala della diaclasi nella speranza di trovare una via asciutta. Dopo un po’ di “ravanate” in mezzo a massi di crollo instabili capiamo che non ci sono prosecuzioni possibili. Torniamo alla sala.
Ci infiliamo le mute, mettiamo un bel goldone al trapano perché non si fulmini sotto il violento stillicidio e scendiamo mettendo qualche frazionamento fino ad un terrazzo a circa meno sessanta.
Provo a scendere a destra verso quello che sembra un meandro orizzontale asciutto: striscio in discesa per tre metri strappando un po’ la muta su lame taglienti scoprendo però che il mandrino è stretto e non transitabile anche se circa quattro metri oltre sembra allarghi.
La Gola Profonda però prosegue sulla sinistra: siamo in prossimità di un restringimento oltre il quale il sasso lanciato, prosegue per ambienti non molto larghi visto il continuo sbattere sulle pareti. Valutarne la profondità risulta difficile però: si sente la pietra picchiare per un bel po’ allontanandosi fino a non sentirla più forse anche per il rumore dell’acqua.
In questo punto l’acqua non ti colpisce con forza perché circa venticinque metri più su la diaclasi ha fatto una curva. Comunque stando fermi cominciamo a raffreddarci.

Forse è questo il posto che descritto dagli altri dove bisogna allargare. Matteo prova a scendere sulla sinistra nel punto più largo. Si abbassa per tre- quattro metri ma la corda gratta molto. Metto un altro fix e gli fraziono la discesa. Scende ancora un po’: la corda da ottanta è quasi finita. Ne giunta una da venticinque che penzola nel vuoto: si vede giù per forse cinquanta metri e poi non si capisce più niente. Decidiamo di risalire e rilevare.
La profondità totale della grotta in quel punto risulta essere di circa – 865 mt.

Risaliti ci togliamo le mute, mettiamo apposto il materiale in loco compilando una lista della roba che resta. Facciamo anche delle misure per capire quanta roba serve per un eventuale lavoro di deviazione dell’acqua per scendere all’asciutto.
Cominciamo la risalita verso Sala delle Bimbe dove ci fermiamo per andare a ficcanasare un po’ di qua e i là. Poi su fino al bivacco dove ci aspettano le buonissime minestre in busta.
Dentro la tenda, una magnifica pasta e fagioli mescolata ad un altrettanto golosa crema ai porcini è proprio quello che ci vuole per riprendere le forze. Poco importa se oramai la data di scadenza ha passato i dodici mesi… Complice il tepore del piumino ci sdraiamo un paio d’ore a sonnecchiare: so che dopo ce ne pentiremo però adesso si sta proprio da papa.Sveglia alle cinque, un’oretta per ripigliarci e districare lo scheletro indurito e si parte per l’uscita.
Lentamente siamo fuori che sono quasi le tredici: il tempo è bello, la neve caduta è pochissima ma c’è un vento gelido che ci fa correre subito al riparo della galleria.
Con la schiena dolente, forse non solo regalo della grotta ma anche della sfaticata a tagliar legna di due giorni prima, con le ginocchia scricchiolanti scendiamo verso Galmararetta.
Dopo un bel po’ che camminiamo, con il vento che ricorda quasi il Blizzard, continuando a scaricare lo zaino da una spalla all’altra cercando di alleviare la sofferenza Matteo mi fa:” … oh Lillo… ma dove casso xea ‘nda la malga? Non ghemo mia fato tuta sta strada ieri zio porco!!!..”
Scendendo in auto, quasi sul punto di appisolarci ci scopriamo entrambi intenti a tamburellare con le dita una “When the levee breaks” magistralmente interpretata da un certo Jimmy Page che con Robert Plant e compagni ci hanno regalato forse tra le più belle canzoni rock di tutti i tempi.
E così con i Led Zeppelin che escono con potenza dal CD singhiozzante, cominciamo ad assaporare quell’incredibile piacere che ti prende ogni volta dopo un viaggio del genere, dove cominci già a parlare di quello che hai appena fatto come se fosse lontano e non vedi l’ora di rifare presto anche se hai ancora le ossa doloranti ed i muscoli inacidati.
Ma quale è Il più Grande Spettacolo Dopo il Big-Bang se non questo?
Lillo

IMMACOLATA CONCEZIONE ALL’ABISSO DEL CORNO

Come da programma venerdì 9 dicembre siamo partiti per l’Abisso del Corno, anzi meglio dire per il Campo al Bivacco Tre Fontane dell’Immacolata Concezione.
Ci siamo trovati alle 8.30 io, Paolo e Lillo e con la macchina stracarica abbiamo risalito il Costo di Asiago.
Fatta la colazione, la spesa e quattro chiacchiere a Canove siamo proseguiti per la Val Galmarara e poi su fino al Bivacco.
Siamo stati accolti subito da un vento da lupi, la temperatura non era poi tanto bassa, ma un vento fastidioso e veramente insopportabile ci ha fatto rintanare subito dentro le quattro mura del bivacco.
Acceso il fuoco del camino e la stufa ci siamo impigriti a parlare di grotte, di politica e della fine dell’euro. Coccolati dal caldo tepore, tra un panino alla mortadella e una lattina di birra ascoltavamo il vento di fuori e guardavamo il fuoco che bruciava.
Ma la voglia di grotta ardeva dentro di noi, l’Abisso ci chiamava e quale é mai il demonio che può tenerci dentro le mura di una malga?
Così nel pomeriggio siamo usciti vestiti com’eravamo e abbiamo percorso la Highway to Corno alla ricerca di un nuovo abisso. Una macchia di neve sgelata vista l’inverno scorso da Lillo a poche decine di metri sopra il larice grande lungo la Highway.
Pochi minuti di ricerca e alla fine lo abbiamo trovato?
Cosa abbiamo trovato?
Che Abisso abbiamo trovato?
Era la tana di un toporagno, la tana di un topolino di montagna ,oppure la tana di qualche ghiro.
Non so di quale bestia fosse, ma il diametro del buco sono sicuro era di 5 massimo 6 centimetri.
E allora ?
Aria, un leggero soffio d’aria usciva dalla tana.
Ci siamo messi a scavare infischiandosene che magari fosse un effetto venturi del vento forte che soffiava.

Ardeva in noi la voglia di abisso!
Scava e scava , l’aria calda si sente sempre di più. Gli occhiali si appannano, la polvere svolazza.
Da un buco di 5-6 centimetri scaviamo fino ad un metro di profondità per due metri di lunghezza.
I sassi vanno giù 5-10 metri, aria calda …..tanta!
Dopo due ore che scaviamo a mani nude, con i vestiti tutti sporchi di terra, le giacche a vento oramai nere o marroni intravediamo un pozzetto di qualche metro e la possibilità di entrare.
Decidiamo di gustarci l’esplorazione il giorno dopo con le attrezzature adeguate e così scendiamo soddisfatti al bivacco per preparare la cena.

Riprendiamo i discorsi di grotte, politica e della fine dell’euro finché alle 19 circa arrivano a trovarci Alessandra e Sebastiano con il loro carico di materiale sulle spalle e tanta voglia di entrare al Corno.
Cena a base di Chili e pane caldo croccante e poi via a parlare di tutto e di più.
Il vento di fuori infuriava, il fuoco scoppiettava, le palpebre calavano finché la notte ci ha invitato a infilarci nel sacco a pelo. Chi a dormire, chi a contare le pecore, chi a sognare la vespa del cugino .
Sabato 10 dicembre la sveglia suona alle 7.00.

Chi dormiva si sveglia, chi non ha mai dormito tira un sospiro di sollievo.
Il cielo è limpido e il vento soffia ancora forte.
Prepariamo il caffé e i biscotti di grano saraceno e poi ognuno a prepararsi il suo sacco.
Sulla pentola sopra il fornello rimane ancora del chili che così freddo fa veramente una brutta impressione.
Lo buttiamo in mezzo ai mughi, vicino a fazzolettini di carta e sopra due bei sassi.
Ieri con il pane era speciale adesso sembra una merda, vabbé così gira il mondo!
Verso le 9.00 arrivano anche Pierga, Miguel e Moreno del Gruppo di Valdagno che si cambiano con noi e poi entrano per raggiungere quota -500.
Noi 5 invece prendiamo la Highway to Corno con prima destinazione il nuovo buco.
Esce sempre tanta aria calda, sarà effetto Venturi, sarà un Abisso?
Lo scopritore ha l’onore di entrare per primo e così Lillo si infila e comincia a ravanare un paio di metri sotto.
Una frana da spostare, tanta aria che esce, un lavoro da fare la prossima volta.
Abbandoniamo così l’idea di scendere in una nuova grotta e ci dirigiamo all’Abisso del Corno.
Per Alessandra e Sebastiano è la prima volta, per me, Paolo e Lillo la ennesima, ma insieme decidiamo di assaporarci il Corno, di gustarlo da dentro.
Nessuna destinazione, ma solo tanti punti di domanda lasciati là in 6 anni di esplorazioni. Tanti buchi neri visti e rivisti ma mai osservati con l’attenzione che meritano.

Così alle 10.30 circa ci inabissiamo e pian pianino arriviamo a quota -200 circa.
Una scritta NO con freccia, scendiamo un pozzetto di 10 metri circa che chiude. Era tanto che volevo vedere perchè quel NO. Ci giriamo e vediamo una galleria alta un metro ostruita da un masso. Di la continua, ma serve l’artiglieria pesante. Sarà per la prossima volta.
Altro pozzo.
A 6-7 metri dalla partenza un meandrino parte. Paolo si infila e comincia a ravanare nello stretto.
Intanto alla base Lillo in free solo va a vedere una finestra che chiude.
Io mi invento un pendolo e vado a vedere un pozzo parallelo che scende 5-6 metri e poi chiude.
Se mollo mi sfracello, ma anche stavolta va bene.
Intanto sentiamo Paolo che chiama, vede un pozzetto nero davanti a lui.
Lo incitiamo a smaterializzarsi e passare. Paolo ci ascolta, si smaterializza, passa nello stretto , ci chiama, lo sentiamo bene e sbuca nella finestra risalita da Lillo. Comincia la saga degli anelli?
Scendiamo un altro pozzo. Diaclasi già scesa per 50 metri da Pierga e Sid qualche anno fa.
Nella saletta poco prima un’altra diaclasi. Con il martello allarghiamo e Lillo riesce a scendere per 20 metri.
Si sente aria ma anche qui chiude.
Ci concediamo uno spuntino, sono le 14 circa e abbiamo fame.
Torniamo sui nostri a passi. Ci fermiamo prima della strettoia a vedere una finestrona che sta sopra 5-6 metri.
Arrivato in cima si percorre un meandrino che si congiunge con il pozzo dopo la condotta ( quello con la forcella di ferro del Beppe). Altro anello, è destino!
Nota positiva è che un meandro ben levigato parte dalla saletta in direzione diaclasi asciutta -Halè Salassiè. Serve l’artiglieria e quindi lasciamo per la prossima volta.
Partiamo con direzione bivacco Tre fontane e alla base del primo pozzo Pierga ci raggiunge.
Anche loro hanno scoperto un anello a -500. E’ Destino!
Usciamo dalla grotta che sono le 20 circa.
La Val Galmarara è uno spettacolo. Non ci sono parole! Luna piena, cielo limpido. Freddo.Una meraviglia.
Di corsa giù ad accendere la stufa e il camino.
Prepariamo un antipasto di tortellini in brodo e pastasciutta scaduta.
Il fuoco ci scalda le ossa, guadiamo le braci nel camino mentre i Litfiba cantano.
Ad un certo punto le palpebre si chiudono e ognuno con i suoi pensieri e le sue emozioni depone il proprio cadavere nel sarcofago.
Buona notte domani si torna nella civiltà.
Chissà se l’euro ci sarà ancora!
ciao
Matteo