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I BRUXA LA STRIA…ANZI NO… GHEN SBUSA’ LA VECIA?

Eh si  la vecia!  Ah la vecchia!

 La vecchia che non ti molla, la veccia che ti sa sorprendere sempre, la vecia che ti spezza i gomiti, la vecchia che ti sfianca, ma alla fine torni sempre dentro a continuare il lavoro.

 Iniziare questo racconto non mi è facile. Troppe  cose si vorrebbero dire di un buso che oramai è un vero e proprio Abisso, ma che si chiama con irriverenza ma anche con  semplicità il  Buso della Vecia.

 I numeri prima di tutto.

 Profondità oltre i -180 metri con uno  sviluppo oltre i 600 metri ( ad oggi  rilevati 570 m).

Questa grotta in silenzio è diventata  la grotta più profonda del Faedo–Casaron  ( Rana-Pisatela a parte), ma è anche il sogno di raggiungere quel “mostro” carsico che nel nostro immaginario  si dovrebbe trovare a monte della Grotta della Poscola.

 Fin dall’inizio è stato  battezzato come Buso della Vecia, in ricordo di una signora che li vicino ci abita(va). E’ ubicato  sulla testata della Valle Faeda che è quella valle che dall’abitato di Faedo scende verso contrà Campipiani e poi Priabona.

 La fessura di ingresso  è stata individuata da due giovani ragazzi di Malo / Molina nel lontano 2001 entrati in gruppo per partecipare al corso di speleologia, pieni di entusiasmo e curiosità per quei buchetti che si aprono sul Faedo.

 Un forte vento soffiava e tutto faceva ben sperare visto che la valle in cui si apre è chiamata anche Valle dei Vis-ci, per la  presenza numerosa di buchi soffianti ( Buso del Lucio, Buso del Tombin  e altri) che la leggenda popolare fa fischiare.

 Subito si era tornati armati di “buona pazienza” e con sistemi fonoassorbenti di dubbia qualità come una coperta di lana, ci si era spinti dentro fino a trovare uno stretto pozzettino di un paio di metri. Tanto lavoro di disostruzione  e fatti altri pochi metri ci si ritrova in una saletta che viene battezzata Saletta dei ovi. Da qui parte l’esplorazione di pozzi e sale fino a raggiungere i  -40 metri di profondità.

 Si percorre una zona fossile in direzione S-E con ambienti i come  la sala del Mamba Nero con il caratteristico “serpente nero” appiccicato al soffitto, poi intervallati da meandri stretti e camini, ma  che alla  fine termina nella Saletta Finale  senza ulteriori prosecuzioni. 

 Qui inizia un lavoro paziente di scavo su diversi fronti inseguendo come sempre l’aria .

 Si segue però principalmente una fessura alla base della Sala delle vongole e per anni quella diventa la zona di lavoro  del gruppo che si dedica a questo “cantiere”.

La fessura viene percorsa per qualche decina di metri, trovando un piccolo pozzetto e una minuscola saletta, ma poi di fronte ad una ulteriore fessura la voglia, la determinazione e l’entusiasmo vengono di nuovo a mancare.

Sembra quasi il ripetersi di quanto accaduto per la congiunzione Rana-Pisatela, siamo anche nello stesso periodo 2005-2006 e la grotta viene lasciata là a maturare.

 Nel 2011 quando il GSM riprende in mano il cantiere della F-Rana in  Pisatela contemporaneamente si  decide  di ritornare al buso della Vecia e riprendere il lavoro interrotto anni prima. Due fronti di lavoro si aprono, due sogni si inseguono.

 Uscite notturne di disostruzione si susseguono settimana dopo settimana, finchè la sera del 05/04/2012  dopo 5 metri di scavo “cattivo”  si entra  nella Sala Albina  sopra un pozzo che supera i  30 metri.

 Cresce l’entusiasmo in gruppo per l’enorme scoperta e la grande corrente d’aria che si sente spinge dentro anche gente nuova e nuove leve.

 Il Pozzo 6 Aprile viene sceso fino ad arrivare ad una ulteriore fessura dove tutta l’aria penetra dentro.

base del Pozzo 6 aprile

foto 1 – alla base del Pozzo 6 Aprile

 E‘ qui che la caparbietà e la voglia di scendere si fanno vedere e inizia una nuova “guerra di mina “ con la vecchia.

 La sera di lunedì 07 Maggio 2012, in una numerosa uscita congiunta con ex del GSM e ragazzi del  Gruppo Grotte Trevisiol si scende il pozzo P40 e due ulteriori pozzetti intervallati da meandri al limite del praticabile vengono percorsi.

partenza P40

foto 2 – partenza del P40

 Successivamente  in una saletta alla profondità di  circa -180 metri, l’esplorazione si interrompe davanti a una nuova fessura che sembra raccogliere tutta l’acqua e l’aria della grotta.

 Delusione e rassegnazione sembrano subito pervadere il gruppo.

 Si ritorna indietro, si vedono finestre , si scopre un nuovo  pozzetto nella Sala del Mamba Nero. Si studia il territorio dall’esterno percorrendo la Valle Faeda  integralmente.

 Poi una risalita nel punto in cui l’aria si divide  ci fa scoprire Sala Sbrasa e altri metri di grotta vengono fuori.

Intanto dalla  saletta a -180 una nuova sfida con la “vecchia” si riaccende. Serate dopo serate a disostruire un meandro che sembra allungarsi sempre di più, che pare infinito.

giaguaro

foto 3 – dentro il meandro del giaguaro smacchiato

Non si va laggiù a pettinare le bambole e neppure a smacchiare i giaguari, ma a lavorare nel dopo-lavoro; si scende giù a disostruire e rendere percorribile un fessura larga 10 centimetri, dove l’acqua scorre alla base e dove i gomiti sono messi a dura prova. Il Meandro del Giaguaro Smacchiato non molla, decine di metri vengono percorsi  strisciando e bestemmiando e dopo una curva ci si trova di fronte ad una nuova curva. Si lavora in due -tre persone con acrobatiche e comiche contorsioni per darsi il cambio.

sala sbasa

foto 4 – sala sbrasa

Poi un giorno di forte precipitazione la svolta a Sala Sbrasa. Dietro un sasso, al di là della roccia si sente rumore di acqua e disostruito qualche   metro ci si trova sopra il Pozzo Italicum e alla partenza del Laminatoio delle Larghe Intese. Anche qui la direzione è  sempre S-E, ma  una strettoia ferma al momento la prosecuzione.

Ma  l’altro giorno,  l’08 di Aprile, tornati al meandro a -180  alla fine  si “smacchia il giaguaro” e se sbuxa la vecia .

Forzata l’ultima strettoia finalmente ci si mette in piedi per pochi metri, ma sono sufficienti per riprendere fiato e poi si percorrono strisciando  una ventina di metri sul livello di scorrimento dell’acqua fino a incontrare un sifone.

 Grande la soddisfazione per aver raggiunto il limite massimo di profondità del Buso della Vecia e anche al momento il massimo limite esplorativo.

rilievo buso della vecia

foto 5- rileivo parziale della grotta

 Vediamo nelle prossime uscite che altre sorprese ci regalerà la vecchia,…ops… il Buso della Vecia.

 Matteo

 

CHIUSO IL PASSAGGIO IN F-RANA

Con la presente si comunica che il passaggio che collega il Buso della Pisatela con il Buso della Rana è stato chiuso a chiave con lucchetto.
Dopo l’apertura del passaggio in F-Rana nel 2012 la zona è sempre stata oggetto di movimenti e crolli soprattutto dopo forti precipitazioni.
Per tre o quattro volte abbiamo aperto il passaggio e rinforzato la struttura metallica chiedendoci ogni volta quanto pericoloso possa diventare questo passaggio se non si sta bene attenti.
Per evitare che la curiosità e la non conoscenza dell’ambiente possano causare incidenti abbiamo deciso di chiudere con un lucchetto il passaggio.
Le chiavi saranno tenute dal GSM Malo e dal GGS Schio che potranno fornire informazioni sulla situazione a chiunque ne farà richiesta.
GSM

Le prime volte

La squadra fotografica

 

 

 

 

 

 

Lo scorso sabato 14 settembre nel pomeriggio, nell’ambito del progetto scientifico “Mugnaio Cercasi”,  c’è stata l’uscita fotografica ai Mulini di Alonte.
E’ stata la giornata delle prime volte….
Per la prima volta eravamo tutti ed esclusivamente del GSM: io, Ester e Lucio.
Per la prima volta l’attività specifica era fare foto.
Per la prima volta ho sentito gente divertirsi mentre si strisciava nel tratto di merda iniziale.
In genere quando mi andava bene, sentivo imprecazioni che non venivano rivolte a me.
Entriamo subito con qualche difficoltà; non si riesce a fare partire la go-pro e quindi ci troviamo costretti ad abbandonare subito pezzi fuori, nel camerone di ingresso.
Fatti i primi metri comincio ad affrontare il solito tratto di fogna osservando come l’acqua presente fosse un po troppo altina per i miei gusti.

La mente mi riporta per un attimo al 25 agosto, quando mi sono trovato in autostrada A4 e per tutta la Valdastico sud, in mezzo a un nubifragio! La maggior parte degli automobilisti accostava e si fermava aspettando di vederci, mentre io proseguivo con due preoccupazioni: la prima era di arrivare a Noventa prima che la mia pizza valdostana uscisse dal forno, la seconda era che i Mulini andassero in piena.
Arrivato a Noventa e riferitomi che aveva piovuto poco, feci mia la speranza che l’acqua non si fosse alzata, ma ….. terminato il déja vu mi trovo il solito passaggio semi chiuso.
Cala leggermente l’allegoria della comitiva, ma li sento belli carichi e si affronta così in modo ordinato l’apnea. Uscito con la faccia dalla melma, riprendendo aria dalla bocca aspiro due zanzaroni, portandomi ai limiti del vomito. Poi giro la testa trovandomi ancora sollevato a pochi centimetri dall’acqua e mi vedo galleggiare davanti al naso un ghiro
annegato.

Che merda!
Per la prima volta stavo proprio per vomitare, ma ho resistito e sempre avanti.
Uscito dalla fogna mi volto verso Lucio e spiego come secondo me quell’ultimo tratto di muretto di fango che si supera, sia il responsabile dello stato di piena. Ne avevo parlato questa estate con il “cicio” e volevamo provare a scavare; il rischio era che se i miei conti erano sbagliati, anzichè svuotare il sifone si aggiungeva acqua rendendo inutile l’eventuale pompaggio.
Lucio senza tanto pensarci inizia con lo scarpone a scavare nell’invito fatto dalle ginocchia in tanti passaggi. Scava, scava, e vediamo che il dislivello tra la fogna e il resto della grotta è di buoni 10 centimetri.
Battezzato il diaframma “vajont”, Ester mi passa la fotocamera e riprendo così “l’onda” che mi viene incontro.

Un momento storico.

Per la prima volta l’acqua del troppo pieno comunica direttamente con la restante grotta e quindi non possono più verificarsi situazioni di piena all’ingresso.
Ci ho pensato molto poi a casa su sta cosa e su quanto abbiamo tribolato, per 10 minuti di scavo. Quanti giri a vuoto, pompaggi, immersioni del “poppa”, cariche e tutto per 10 minuti di scavo con una scarpa.
Son contento però di aver intercettato il punto debole del sistema e alla fine di averlo scoperto solo adesso, nonostante tutto! Si, perchè se avessimo rotto la diga nel passato, lo scorso anno avrei portato fuori le sonde prima della piena perdendo così delle informazioni preziosissime….
L’uscita fotografica poi si è svolta molto bene. Ho visto qualche scatto e sono felicissimo, anche se un mio collega esperto ci ha trovato un sacco di difetti, ma per la prima volta ho visto delle belle foto fatte ai Mulini.
Non posso che ringraziare Ester e Lucio per il lavoro e attenderli, con chi vorrà aggiungersi, per proseguire. Adesso il tratto iniziale non andrà più in piena e anzi si spera ben che si asciughi come in passato.
In questo modo i residenti non annegheranno più e la fogna arriverà ad essere un meandro infangato.

Gel